Società per gli Studi
Naturalistici della Romagna
Associazione di
volontariato con sede legale in Piazza Zangheri, 6 - Cesena
Indirizzo postale e
Segreteria: C.P. 143
48012 Bagnacavallo (RA)
NOTIZIARIO 2 / 2004 (N. 31)
Periodico
semestrale – Ottobre 2004
Direttore
responsabile Sandro Bassi
Spedizione in Abbonamento Postale
D.L. 353/03 (conv. in L. 27/02/04 n.46)
art. 1, comma 2, DCB Ravenna
www.linknet.it/ssnr
Sommario
Assemblea dei soci e
rinnovo cariche sociali ………... |
pag. 3 |
Pubblicazioni
sociali …………………………...………... |
pag. 4 |
Notizie
………….…………………………….………..…... |
pag. 5 |
Calendario
proiezioni – autunno 2004 ………………… |
pag. 6 |
Nuovi soci …………………………………………..…….. |
pag. 7 |
Cambi
di indirizzo, rettifiche ………………….……….. |
pag. 8 |
Donazioni
………….………………………………..…….. |
pag. 8 |
Biblioteca
………….………………………………..……. |
pag. 8 |
Incontri
conviviali “magnazze” ……………….……… |
pag. 8 |
IX°
Simposio Internazionale di Neurotterologia …... |
pag. 9 |
Riflessioni “Le pinete ravennati
devono essere governate per quello che sono: colture da
legno” (di Piero Baronio) ………..…. |
pag. 10 |
Le
nostre rubriche …………………………………….… |
pag. 17 |
La
natura in cucina (a cura di
Giorgio Pezzi)………….. |
pag. 18 |
Natura e letteratura (a cura di Giorgio Pezzi)…….... |
pag. 18 |
“La chiocciola” (poesia di Giuseppe Giusti) …………….... |
pag. 19 |
Nuovo
indirizzo e-mail della Segreteria ………….…. |
pag. 20 |
Recensioni
………………………………………….….….. |
pag. 20 |
Biblioromagna ………………………………………..…. |
pag. 23 |
ASSEMBLEA DEI
SOCI E RINNOVO CARICHE SOCIALI
Anche
se con un certo ritardo, diamo il doveroso resoconto della Assemblea generale
dei soci che si è tenuta giovedì 15 aprile u.s., alle ore 20,30. Eravamo ospiti del nuovissimo Centro Aquae
Mundi di Russi, in Via Mozambico 5, che il nostro socio, Dr. Raffaele Gattelli,
ci aveva messo a disposizione e di cui lo ringraziamo caldamente.
Il Presidente ha illustrato
le attività svolte ed il bilancio dell’anno scorso; ha anche spiegato come la
nostra Società, e soprattutto i suoi bilanci, siano stati oggetto di una ispezione
della Agenzia delle Entrate di Cesena (dove figura la nostra sede legale) che
ha dato alcune preoccupazioni ai componenti del Consiglio Direttivo. Ricordiamo che la nostra società è una Onlus
e che questo ci favorisce dal punto di vista fiscale, ma ci comporta certi
obblighi; sono stati necessari quindi alcuni aggiustamenti contabili e ci sono
state date alcune raccomandazioni per il futuro, ma il rapporto finale non
contiene nessun rilievo e, soprattutto, nessuna sanzione. All’Assemblea è stato presentato il bilancio
consuntivo dell’anno 2003 che, per l’ispezione in corso, non era stato
possibile pubblicare sul Notiziario.
Si è poi proceduto alla
elezione del nuovo Consiglio Direttivo per votazione. La Commissione
elettorale, composta dai soci Senni, Fiumi e Plazzi, tenendo conto anche delle
schede pervenute per posta, ha comunicato i nomi degli eletti, nell’ordine:
Presidente
Pederzani Fernando
Consiglieri
Contarini Ettore
Fabbri Roberto
Semprini Fabio
Tabanelli Cesare
Fiumi Gabriele
Melloni Luigi
Bendazzi Ilvio
Sama Gianfranco e Plazzi Giancarlo (a pari voti)
Revisori dei Conti
Garagnani Paolo
Rivalta Giovanni
Probi Viri
Senni Leonardo
Costa Massimiliano
Pezzi Giorgio
Il nostro Segretario uscente,
Luigi Melloni, aveva già comunicato all’Assemblea che per ragioni personali non
intendeva più accettare cariche sociali, il che però non aveva impedito a molti
soci di tributargli un voto di fiducia e di incoraggiamento a restare. A
votazione terminata Melloni ha ribadito la sua volontà. Con la sua rinuncia non
è stato necessario alcun ballottaggio per ridurre a otto i Consiglieri (come
prescrive il nostro Statuto). A Luigi
Melloni rivolgiamo un caldo ringraziamento per tutto quello che ha fatto per la
nostra Società, con la certezza che, anche “dall’esterno”, continuerà a dare il
suo prezioso contributo.
Sciolta l’Assemblea, tutti i
presenti hanno potuto visitare le vasche del Centro Aquae Mundi, che ospitano
affascinante ed interessantissima fauna marina e, avvicinandosi al bordo della
grande vasca centrale, hanno sperimentato come sia possibile toccare piccoli
Selaci (squali) che vi nuotano e che anzi si affollano sotto le mani per farsi
“accarezzare” .
Nella prima riunione del
Consiglio Direttivo, il 20 aprile, sono state stabilite le Cariche sociali per
il prossimo triennio:
Presidente: Fernando Pederzani
Vicepresidente: Ettore Contarini
Segretario: Fabio Semprini
Tesoriere: Ilvio Bendazzi
Consiglieri: Roberto Fabbri
Gabriele Fiumi
Giancarlo Plazzi
Gianfranco Sama
Cesare Tabanelli
PUBBLICAZIONI
SOCIALI
Allegato al presente
Notiziario viene spedito il Quaderno di Studi e Notizie di Storia Naturale
della Romagna N. 19.
Il Consiglio Direttivo ha deliberato a maggioranza
alcune variazioni delle regole editoriali del Quaderno di Studi e Notizie di Storia Naturale della Romagna. In
particolare si è rilevato come la pubblicazione in maniera irregolare di
“supplementi” ad alcuni numeri, dedicati a studi e notizie su aree geografiche
lontane dalla Romagna, determini una certa confusione, specie nelle citazioni
bibliografiche e nella gestione dei fascicoli, dato che alcuni numeri del
Quaderno sono seguiti da un supplemento ed altri no. Si è deciso pertanto di
rispettare in ogni caso la numerazione progressiva dei Quaderni.
Considerando le richieste
sempre più numerose e la qualità degli articoli che ci vengono proposti, il
Consiglio Direttivo ha deciso di consentire una presenza sistematica anche di
lavori di ambito territoriale esterno. A
partire dal numero 19, che viene spedito assieme al presente Notiziario, una
prima sezione del Quaderno conterrà, come tradizione, i contributi che riguardano
la nostra regione. Una seconda sezione
sarà riservata ai lavori extraromagnoli,
che potranno riguardare tanto il territorio italiano come quello di paesi assai
più lontani che spesso vengono visitati, e naturalisticamente indagati, dai
nostri soci. Al terzo posto le Notizie
naturalistiche che, pur improntate al massimo rigore scientifico, trattano argomenti
meno specialistici e quindi costituiscono il momento divulgativo della pubblicazione.
Seguiranno le segnalazioni floristiche e faunistiche romagnole, proseguendo le
numerazioni progressiva che le hanno caratterizzato fino ad ora, mentre
eventuali segnalazioni extraromagnole potranno trovar posto subito dopo, ma
senza numerazione.
Il Comitato di Redazione
(coincidente col Direttivo della Società) si riserva di decidere quali siano i
lavori su aree confinanti con la Romagna da assimilare a quelli “romagnoli” e
da pubblicare senza spese per gli autori e con diritto di precedenza, e quali
siano invece i lavori da assoggettare alla richiesta di un contributo e da
pubblicare nella seconda sezione dei Quaderni.
La decisione di aprire ai
lavori extraromagnoli è stata più volte discussa e analizzata in sede
direttiva; se da un lato la cosa snatura un poco lo spirito con cui è sorto il
nostro sodalizio, d’altro verso può costituire legittimo motivo di orgoglio: a
diciotto anni dalla sua fondazione, la Società per gli Studi Naturalistici
della Romagna è una realtà consolidata, ma soprattutto il suo contributo alla
conoscenza scientifica, se pur modesto, è conosciuto e, lasciatecelo dire,
apprezzato in una cerchia sempre più vasta.
Il prossimo Notiziario n. 32
(1/2005) sarà distribuito nel prossimo mese di marzo e conterrà tra l’altro la
convocazione dell’Assemblea ordinaria 2005, e il bilancio societario 2004.
NOTIZIE
Proseguono anche quest’anno
gli Incontri naturalistici per i soci e
i loro amici alla Casa di Via Cogollo a Bagnacavallo. Si riporta il
programma di incontri dell’autunno 2004. Il programma delle serate
inverno-primavera 2004-2005 sarà consultabile nel sito internet della Società
non appena disponibile. Gli incontri
avverranno comunque il primo e terzo martedì feriale di ogni mese.
Calendario proiezioni didattiche autunno 2004
presso
la casa di via Cogollo;inizio ore 21.00
durata prevista: 60 minuti.
Gli incontri naturalistici per i prossimi mesi prevedono, per ciascun mese, una serata di proiezioni con audiovisivi ( il primo martedì feriale del mese ) ed un incontro a carattere colloquiale ( il terzo martedì feriale del mese ) per scambi di notizie, confronto di opinioni e per quanto attiene alle nostre attività. Negli ultimi mesi del 2004 saranno svolti i seguenti temi:
Martedì 7: Il percorso dell’acqua
a cura di Jana e Gigi Stagioni
Martedì 5: Alcune specie vegetali rare nella provincia
di Forlì-Cesena
a cura di Fabio Semprini
Martedì 9: Venezuela
a cura di Bruno e Giovanni Rivalta
Martedì 7: Come eravamo
a cura di Luciano Landi
Gli incontri saranno allietati da vino, ciambella,
e/o mangiarini vari.
I temi delle
proiezioni potranno subire variazioni per cause di forza maggiore, senza
preavviso.
Coloro che hanno
materiali su temi naturalistici o su viaggi a carattere paesaggistico/
naturalistico disponibili
per proiezioni possono contattare Ilvio Bendazzi allo 0544 520366.
Come raggiungere la sede:
Dalla SS 16
(Reale): a Mezzano, svoltare sul Lamone e proseguire oltre l’abitato di Villanova
per circa 800 m poi svoltare a destra in via Cogollo, direzione Bagnacavallo.
Siamo nella casa di fronte alla prima via a sinistra (via Zorli) dopo circa 1,5
km.
Dalla SS 253
(S.Vitale): svoltare dopo il Lamone in direzione Traversara, poi in direzione Villanova per circa 3 km quindi deviare a sinistra in via Cogollo
direzione Bagnacavallo. Siamo nella casa di fronte alla prima via a sinistra
(via Zorli) dopo circa 1,5 km.
Da Faenza/Lugo/Bagnacavallo: girare a sinistra al
semaforo di Bagnacavallo posto sulla S.Vitale poi sempre dritto per imboccare via
Cogollo, direzione Villanova. Siamo nella casa di fronte a via Zorli (3a strada
a destra) dopo circa 4 km da Bagnacavallo.
La Riserva
Naturale Orientata di Scardavilla continua le sue Conferenze serali aperte al pubblico nella sala didattica del Museo
di Ecologia-Centro Visitatori, a Meldola,
ore 21.00. I prossimi appuntamenti:
Venerdì 29 ottobre
… Il lupo e le sue prede … a
cura di Carlo Matteucci, con proiezione multimediale e presentazione del libro
“I cervi del Parco” a cura di Luciano Cicognani.
Venerdì 26 novembre
… Invertebrati & c. … presentazione dei volumi “Preziosi alleati:
gli insetti impollinatori” a cura di Alberto Cicognani e “Invertebrati” di
Ettore Contarini, con proiezione di diapositive.
Il Museo Civico di Storia
Naturale di Ferrara dedica una mostra ed un ciclo di serate naturalistiche
al tema Ambra il fascino di una gemma
fra mito, scienza e vanità: La mostra sarà aperta dal 6 novembre 2004 al 30
gennaio 2005. Per informazioni sulla mostra e le iniziative collegate tel. 0532
203381 o e-mail: museo.storianaturale@comune.fe.it
NUOVI SOCI E
CAMBI DI INDIRIZZO
(OMESSI
PER RAGIONI DI PRIVACY)
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RETTIFICHE
Il telefono del dr. Mario
Zavanella di Massalombarda non è 0545-83725 come erroneamente scritto nel
Notiziario n. 29 ma è invece 0545 83752
DONAZIONI
La Società ringrazia per le
donazioni Francesco Cappelli, Carlo Meloni, Federico Montanari e Vincenzo
Volpe. Alcuni altri soci, nel rinnovare la quota in contanti, hanno
generosamente arrotondato la cifra a 20 Euro; ci siamo accorti che in alcuni
casi è stato registrato solo il rinnovo ma non la donazione; ci scusiamo perciò
con quei soci che non vedessero qui ricordato il loro gesto amichevole.
BIBLIOTECA
Come
già nel 2003, la biblioteca sociale presso la scuola “Graziani” di Bagnacavallo
è rimasta inutilizzabile nei mesi di luglio ed agosto, perché inaccessibile in
quanto la scuola suddetta è adibita ad altri usi durante l’estate. Ora è
utilizzabile.
Si segnalano
alcune importanti donazioni di libri, da parte del Prof. Marco Taviani, dell’Istituto
di Geologia marina del CNR di Bologna, del nostro socio Dr. Mario Zavanella di
Massa Lombarda e della Sig.ra Marisa Sanfilippo di Genova. La Società ringrazia
sentitamente i donatori.
INCONTRI CONVIVIALI “MAGNAZZE”
Nel
2003 fu deciso di organizzare ogni anno un unico pranzo sociale, in marzo o
inizio aprile, limitando ad una sola le nostre ormai famose “magnazze”. Della prossima “magnazza” (probabilmente
domenica 13 marzo 2005 in luogo da definire)
sarà data notizia e conferma col Notiziario 1/2005, che dovrebbe pervenire ai
soci verso i primi di marzo. Appena possibile l’informazione sarà data nel sito
internet della Società.
Alcuni
soci organizzano di tanto in tanto qualche incontro “minore” di cui non è
possibile dare una tempestiva informazione generalizzata. Saranno avvisati, per
telefono, lettera o (preferibilmente) e-mail, solo coloro che chiederanno
espressamente di essere tenuti informati su queste eventuali iniziative
naturalistico-eno-gastronomiche.
IX Simposio Internazionale di Neurotterologia
Riceviamo,
pubblichiamo e…. traduciamo:
Dear Colleague,
it is our great pleasure to invite you to attend the
IX International Symposium on Neuropterology, which will be held in Ferrara,
Emilia Romagna, Italia, from the 20 th to the 23 rd of June 2005, in the
Monastery of San Gerolamo dei Gesuati.
The Symposium, dedicated to Prof. Maria Matilde
Principi, is open to all fields of research on neuropterid insects (Neuroptera,
Raphidioptera and Megaloptera). Contributions on agricultural entomology and
biological control are encouraged.
Further information concerning the Symposium (1 st
circular and Registration Form) is available at URL http://www.afssardegna.it/sympneur.htm
Caro collega,
è con grande piacere che ti invitiamo al IX° Simposio Internazionale di Neurotterologia, che si terrà a Ferrara, Emilia Romagna, Italia, dal 20 al 23 di giugno 2005, nel Monastero di San Gerolamo dei Gesuati.
Il Simposio è dedicato alla Prof.ssa Matilde Principi, è aperto a tutti i campi di ricerca sui Neurotteri (Neuroptera, Raphidioptera e Megaloptera). Sono graditi contributi su Entomologia agricola e Lotta biologica.
Maggiori informazioni sul Simposio (la prima circolare e la scheda di partecipazione) sono disponibili sul sito http://www:afssardegna.it/sympneur.htm
La nostra Società ha accolto con soddisfazione la
richiesta di patrocinio di questa importante iniziativa che, sebbene
organizzata fuori dai confini regionali, porterà certamente i partecipanti a
visitare le foreste costiere ed appenniniche della Romagna.
Uno dei principali organizzatori del Simposio è il
nostro socio Dr. Roberto Pantaleoni, dell’Università di Sassari.
RIFLESSIONI
Riceviamo il
seguente articolo del Prof. Piero Baronio del Dipartimento di Scienze e
Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Bologna, già Direttore del
glorioso (e purtroppo soppresso) Istituto di Entomologia Agraria “G. Grandi”,
nonché principale ispiratore - vogliamo ripeterlo soprattutto per i nuovi soci
- della Società per gli Studi naturalistici della Romagna. L’argomento è di
particolare attualità ed importanza, ma trova alcuni Naturalisti favorevoli
alla tesi sostenuta dal Prof. Baronio, ed altri decisamente contrari. Ospitiamo
con piacere questo articolo nella rubrica “riflessioni” - pensata proprio per
dare spazio alle idee ed ai punti di vista dei soci - perché, date le diverse
opinioni che si registrano in materia, ci piacerebbe cogliere l’occasione per
aprire un piccolo dibattito sulla natura e sul futuro delle pinete di
Ravenna. (F.P.)
Le pinete ravennati devono essere governate per quello che sono: colture
da legno.
di Piero Baronio
La mia sensazione
Comacchio e poi Ravenna e
infine Lugo, Villa San Martino, per dirla breve, dove c'è l'aeroporto da cui mi
involo[1]
e poi prendo terra soddisfatto del volo sui territori della bassa, dove
incontro, se mi allargo un po’ verso Ferrara, Campotto con la sua bella valle,
e poi Argenta e infine Comacchio.
Bene, tutto bello, tutto
così fatto per immaginare cosa fosse quando le acque erano più della terra
emersa. Ma l'immaginario ce lo costruiamo dentro di noi come ci viene e ne
godiamo. I miti sono la nostra parte più bella del pensiero, perché ci portano
sempre là dove ci sono gli uomini aurei.
Quando arrivo, però, sopra
le pinete di Ravenna mi risveglio dal sogno, ma poi sono sempre stato sveglio,
altrimenti non scriverei queste righe, e penso all'opera che fecero i Romani,
perché avevano bisogno di legno di pino per costruire le loro navi. Fecero che
sostituirono la selva originaria con la pineta e là coltivarono piante da
abbattere per ricavarne quanto occorreva al loro fine.
Allora la pineta è una
coltivazione di pini lì a Ravenna, mi chiedo tra me e me, mentre assesto i giri
del motore del Cessna, e allora perché tutta quella confusione di alberi tra
vivi e morti, si vede, credetemi, tanto da poter fare questa distinzione, e
poi, perché, tutti quegli stradelli, tanto fitti da far sembrare la pineta
costruita dentro una ragnatela, e poi perché tutti quegli alberi che non sono
pini.
E quanto vedo dall'alto si
mescola e si integra con quanto ho visto più volte camminando dentro la pineta
e concludo i miei ragionamenti con una domanda: perché non si fa un'opera di
assestamento fatta bene e, così, si continua l'opera dei costruttori e dei
conservatori, tra cui più di tutti i
frati, che gestivano la pineta per quello che era: raccogliendo e seminando, perché
è vero che si tratta di una coltura esotica per il territorio.
Non è un bosco naturale,
anche se è più di duemila anni che è lì divenendo un monumento.
E poi penso con disprezzo a
chi ha fatto man bassa di pini senza restituire più il territorio alla pineta.
Di ciò me ne son reso conto
quando, andando in pineta così come un ricercatore di entomologia, mi sono
imbattuto in ampie radure dove non c'erano pini ma piante che lì sono da
considerarsi infestanti.
Tra queste ho incontrato
cespugli di Frangula alnus che trovai
abbondanti, e così decisi di seguire, assieme all'amico Gianfranco Sama,
studioso, di fama internazionale, della sistematica dei coleotteri cerambicidi,
la vita di Oberoea pedemontana
Chevrolat (Coleoptera Cerambicidae), di cui però non vi racconterò i fatti, ma
state certi che ne abbiamo trovati molti (Baronio et. al. 1988)
Ho preso terra a Villa San Martino,
ho lasciato l'aereo lì dove l'avevo preso e lasciando il piazzale, mi sono
detto che sulle pinete ravennati è stato scritto e detto tutto, e con questo mi
sono ripetuto, posso farlo anch'io che le ho esplorate, oltretutto, anche
dall'alto. Sì! Lo farò! Mi sono detto
E perciò lasciate che lo
faccia, soprattutto perché voglio affermare e dire: le pinete ravennati sono
colture da legno e così vanno governate.
La realtà delle pinete
Il territorio della Selva ravennate
Il territorio su cui sono
definiti i boschi ravennati fa parte del dominio padano, dove a una vegetazione
prevalentemente mesotermica si associano formazioni macroterme mediterranee nel
settore adriatico, a clima mite durante l'inverno. Una situazione quest'ultima
non sempre vera nel territorio dei boschi ravennati, dove si sono verificati,
durante certe annate, freddi molto intensi. In ogni modo sono di per sé luoghi
dove formazioni vegetali mediterranee possono costituire macchie boscate.
Oltre a ciò si può affermare
che il clima ha una spiccata valenza territoriale e, inoltre per meglio
definire le caratteristiche del biotopo, c'è da aggiungere che il suolo è ricco
di calcare e a volte di cloruro di sodio. Va poi sottolineato che le varie
stazioni forestali individuabili sono sempre una conseguenza della falda
sotterranea di acqua dolce o salmastra, delle depressioni ed elevazioni a cui
va soggetto il territorio e della natura pedologica del suolo. In seguito a
tutto ciò e al ripetersi frequente di inverni freddi ed estati calde si ha sul
territorio una vegetazione prevalentemente xerofila, con aree dove questa è
mesofila e anche igrofila (Zangheri, 1936).
Quindi il climax dei boschi
ravennati è quello della Farnia (Quercus
peduncolata) e della Rovere (Quercus
pubescens), con specie vegetali caratteristiche del Quercus-Fagetea; mentre le aree boscate caratterizzate dal Leccio (Quercus ilex) non costituiscono più,
come sembra fosse in passato, un climax forestale della zona (Zangheri, 1936).
Infatti oggi le leccete che si trovano nei boschi ravennati sono considerate
manifestazioni relitte della macchia mediterranea (Zangheri, 1936; Nucciotti e
Simonini, 1974) quando ci si riferisce alla pineta di S. Vitale; mentre Q. ilex è presente in forma di
aggregazioni consistenti nella pineta di Classe, come doveva essere in quella
di Cervia di un tempo, bosco oggi ridotto a una superficie limitata e di
recente ricostituzione. La diversità dianzi sottolineata a proposito della
flora tra le parti nord e sud dell'area boscata ravennate è con ogni probabilità
dovuta alla sua interruzione, legata all'insenatura portuale di Classe e alle
zone vallive dell'area circostante, come afferma Zangheri (1936, 1952), che
hanno impedito la migrazione della flora macroterma, quando le condizioni
climatiche lo avrebbero permesso, nel territorio che oggi è coperto solo dalla
pineta di S. Vitale. In questa parte della regione, interessata dall'estuario
dell'antico Po, il clima fresco e umido ha fatto discendere al piano specie
microterme come il Faggio (Fagus
silvatica) che ancora si trovano nella selva ai tempi del Ginanni, poco più
di due secoli fa, dove, secondo alcuni, viveva anche la Picea. Tutte piante che si erano affermate entro la foresta
dominata dalla Farnia che vive bene anche in luoghi dove la falda è alquanto superficiale
(Zangheri, 1976), purché sia di acqua dolce, altrimenti, ovviamente, si
dissecca più o meno rapidamente (Govi, 1967); a questo si aggiunga
l'inquinamento da acido solforico (Scossiroli, 1974). La veridicità delle
asserzioni sopra dette è legata al fatto che la vegetazione della macchia
mediterranea era risalita lungo le terre emerse stabilmente (lo dimostra la
presenza del Lentisco) fino all'antica pineta di Cervia, per poi fermarsi a
ridosso, o quasi, dell'insenatura del porto romano di Classe. Un territorio
percorso e colonizzato dalla flora macroterma, perché il clima era caldo e
secco (Zangheri, 1936, 1952).
L'origine e la
vita della Selva ravennate
Detto ciò fermiamo
l'attenzione sulle vicende dei pini nella Selva ravennate che l'azione antropica,
come l'introduzione di Pinus esotici,
ha volutamente trasformato in pinete con finalità economiche. Prima di analizzare,
seppure in modo non troppo approfondito, come sono andate le cose e come stanno
evolvendosi, è bene ricordare che specie microterme di pini facevano parte di
quei boschi primigeni di latifoglie che, come su tutta la Pianura Padana,
prosperavano già dal Quaternario (Zangheri, 1936, 1976). Infatti reperti
pollinici del forlivese, trovati in uno strato di torba a 25-26 m di profondità,
indicano la presenza di Pino silvestre, confermata anche nel territorio
ravennate dal polline rinvenuto nello strato torboso situato nel sottosuolo a 9
m dalla superficie (Zangheri, 1936; Silvestri, 1989). L'altra pinacea che
Zangheri (1936) sostiene si sia sviluppata naturalmente nei territori della
selva ravennate è il Pino austriaco; a testimonianza di ciò l'Autore evoca la
presenza di una pineta di questa specie lungo le rive dell'Adriatico a 150 km a
nord di Ravenna e il fatto che questa abbia dato luogo al toponimo di «Pineda».
Lo Zangheri (1936) per avvalorare sempre più la sua tesi sostiene che con il
termine Pinetum gli antichi
storiografi ravennati indicavano aree ricche di pini delle specie anzidette
all'interno dei boschi dominanti di quercia.
Quando la foresta venne
governata dall'uomo per ottenere elevate quantità di legno da opera, derivato
da piante resinose, non furono coltivate le pinete con le specie già esistenti
in loco, ma ne furono costituite
altre ex novo, introducendo una
specie esotica per il territorio e per la stessa penisola italica, il Pino
domestico (Pinus domestica), detto
anche Pino da pinoli. Una pianta mediterranea, la cui area di diffusione
primaria va dalla Crimea al Portogallo e all'Africa, saltando, a quanto pare
l'Italia (Fenaroli e Gambi, 1976), dove giunse, secondo Zangheri (1936),
durante il periodo etrusco a opera dell'uomo che poi lo espanse sul territorio
nazionale. L'inizio della coltivazione del Pino domestico a Ravenna incominciò
con la costruzione del porto militare romano di Classe che contemporaneamente,
come era tradizione in questi casi, portò all'impianto nelle immediate
vicinanze di una pineta, la cui semina fu estesa anche più a nord del porto,
nella così detta «Isola di Palazzolo»; un bosco di Pino domestico da cui
ottenere legno da opera (Zangheri, 1936). Questo, a quanto pare, sembra
risalire al IV secolo dopo Cristo, dato che si hanno notizie di pinete
affermate nel V secolo (Silvestri, 1989). L'insediamento di pinete di Pino
domestico a quei tempi è dovuto a un periodo di clima mite lungo il litorale
romagnolo che di solito manifesta, come si è già detto, un clima continentale
certo non confacente a una pianta mediterranea che trova il suo limite di
sopravvivenza nelle basse temperature invernali. Situazione dove invece
prospera rigogliosa la Farnia, la cui invadenza tende a contrastare
l'affermazione ed il mantenimento della pineta (Zangheri, 1936). Quindi questa
struttura boschiva a dominanza di Pino domestico è tutta ravennate; una coltura
da legno che nel tempo ha dato luogo a un complesso floristico di irripetibile
bellezza, di cui l'uomo è il custode, oltre ad esserne stato l'artefice.
Infatti la rigenerazione spontanea del pino è molto limitata, tanto che è
sempre stato necessario favorirla artificialmente al fine di evitare che la
Farnia prendesse il sopravvento trasformando la natura resinosa del bosco. In
passato tale operazione veniva fatta con una semina autunnale di pinoli, a cui
venivano chiamati i monaci delle abbazie di San Vitale, Classe e San Giovanni
che dal IX al XVIII secolo furono i selvicoltori dei boschi ravennati. È noto
che nella pineta di Classe venivano distribuiti 6 staia di pinoli all'anno, con
una punta massima di 52 nel 1594; oggi la costituzione o l'infoltimento della pineta
si eseguono con giovani piantine allevate in vivaio.
Non è il caso qui di
ricordare tutte le vicende a cui sono state soggette le pinete ravennati, ma si
può menzionare quale era la situazione all'epoca del Ginanni, cioè nella
seconda metà del settecento. In quel periodo la fascia pinetata era lunga circa
36 km e larga da un massimo di 4,5 km a un minimo di 1,5 km ed era chiaramente
distinta, a partire da nord e cioè dal Fiume Lamone, la Pineta di San Vitale
che terminava allo Scolo di Via Cupa, oltre il quale iniziava la Pinarella che
finiva sulle riva del Candiano, mentre dalla sponda opposta cominciava la
Pineta Monaldini che terminava a ridosso del Canale del Molino, seguiva la
Pineta di Porto che superava i Fiumi Uniti per terminare al Fosso Vecchio,
oltre il quale si stendeva la Pineta di Classe che arrivava fino al Torrente
Bevano. Oltre quest'ultimo si sviluppava la Pineta di San Giovanni che
raggiungeva il Fiume Savio, successivamente c'era la piccola Pineta Lunardi e
poi dallo Scolo di Via Cupa fino alle Saline di Cervia e oltre si snodava la
Pineta di Cervia, l'unica che raggiungeva la riva del mare.
Le pinete che ritornarono al
clero dopo il periodo napoleonico vennero affidate a fittavoli che non le
rispettarono nella loro essenza, causando in alcuni casi danni notevoli.
Le Pinete di San Vitale, di
Classe e di San Giovanni divennero proprietà del Comune di Ravenna nel 1873, il
quale tuttora detiene tale diritto. A quel tempo non esistevano più le pinete
di Porto e quella Monaldini e alcuni tratti della Pineta di San Vitale. Il
fatto di essere diventata proprietà comunale non giovò a salvare la «vita» alla
Pineta di San Giovanni, abbattuta completamente alla fine dell'ottocento.
Nei primi due decenni del
novecento venne decimata, a riprese successive, la Pineta di Cervia, di cui
rimane poca cosa, e abbattuta la Bedalassona, un tratto pinetato di 5 km, con
profondità di 400 m, entro la Pineta di San Vitale (Zangheri, 1936). Una vera
catastrofe si sarebbe abbattuta sulle pinete ravennati se fosse stata applicata
la «Legge per la pineta di Ravenna» del Sen. Rava (legge 441/1905) che
prevedeva l'impianto di pini sull'arenile per la costituzione di una nuova
pineta detta «Pineta di Stato» che doveva «restituire» la vecchia selva ormai
lontana dal mare e quindi fuori dalle sue caratteristiche biologiche, egli
affermava, le quali erano, sempre secondo il legislatore, quelle di seguire
l'espansione del litorale, per poi morire a monte (Silvestri, 1989).
Inimmaginabile sarebbe stato il danno se il disposto della legge e lo spirito
con cui era stato promulgato si fossero applicati completamente. Ciò
fortunatamente non è avvenuto e gli effetti di tale legge si sono limitati alla
piantagione di pini nelle aree relitte marine di fronte al territorio
ravennate. Questa realizzazione è stata condotta per lo più con Pino marittimo
(Pinus pinaster), specie che più
frequentemente è stata usata anche entro la vecchia selva per coprire aree
disboscate che si volevano a pineta (Zangheri, 1936).
Lo stato in cui si trova la pineta nelle sue differenti parti
Di questo già si ha una
conoscenza dallo studio compiuto qualche tempo fa sulla pineta di San Vitale, a
proposito degli effetti dell'inquinamento dovuto agli insediamenti industriali.
In tale pineta furono identificati i seguenti ambienti: bosco xerofilo, in cui si hanno radure a loro volta distinguibili
in forma a parco (strato arboreo di Pino domestico, su uno strato basso
erbaceo), forma steppica (strato arboreo di Pino domestico, su uno strato basso
denudato erbaceo), degradato (strato arboreo dominante di Pino domestico e un
sottobosco cespuglioso) e normale (strato arboreo dominato da pino e quercia,
con un sottobosco di arbusti e di piante di quercine a rinnovamento naturale,
ciò che non succede per le conifere); bosco
igrofilo in cui si hanno varianti a Pino domestico e facies a Frassino, varianti a Olmo e boscaglia di Pero, in queste
due ultime situazioni il Pino domestico non costituisce la parte dominante
della vegetazione arborea (Pirola, 1974).
Cosa si debba fare per mantenere la natura della Selva ravennate
Questa brevissima analisi
della vita di un bosco, costituito con una specie esotica a scapito di quelle
indigene per soddisfare un'esigenza antropica, ci dice chiaramente come l'uomo
possa entrare con la sua arte in seno a una biocenosi dandole un senso a lui
più confacente senza alterarne la natura, in questo caso lo stato di bosco, e
lasciando immutata la propria potenzialità di ritorno allo stato preantropico,
quando la sua azione dovesse cessare. Naturalmente si vuole mantenere la
struttura plastica della Selva ravennate, con i pini ad ombrello che disegnano
indimenticabili orizzonti senza più assolvere l'impegno economico a loro
affidato in altri tempi. Perciò bisogna continuare ad agire per condizionare la
biocenosi, perché non «soffochi» la pineta, la cui esistenza è contrastata da
fenomeni incontrollabili come il clima e, oggi, la subsidenza del territorio
che rende molto spesso la falda acquifera salmastra. Per questo si è già messo
in atto un contrasto.
Naturalmente, come si è
sottolineato, tante sono le cause di deperimento della selva ravennate: il
freddo, la subsidenza che alza la falda acquifera, la salinità di quest'ultima,
l'inquinamento delle acque e dell'aria dovuto agli insediamenti industriali
nati nell'immediato dopoguerra e fruizione sconsiderata da parte dell'uomo,
anche in quest'ultimo scorcio di secolo, per l'eccessiva utilizzazione come
struttura ricreativa che ha solcato con un eccessivo numero di viottoli
l'intera comunità vegetale, favorendo la penetrazione al suo interno di aria
fredda che altrimenti rimane confinata negli strati più esterni del bosco
(Govi, 1967). A questo si aggiungano le malattie e l'assalto di animali!
All'interno di tutte queste cause
negative che condizionano lo sviluppo e la vita della pineta c'è una voglia
matta di portare la pineta verso un bosco di latifoglie lasciandola
volutamente, o quasi, morire per mancata antropica rinnovazione dello stato
pinicolo del bosco. Una cosa già realizzata in tal senso è stata fatta al Bosco
Nordio alle foci dell'Adige. Immaginate che lì la pineta era un frutteto,
perché, a quanto mi è stato detto a voce, lì venivano prodotti i pinoli per il
doge. Che peccato!
Non bisogna mai distruggere
i monumenti costruiti dall'uomo anche con gli alberi.
Le pinete di pini domestici
sono da noi opera dell'uomo che ha ordinato e costretto la natura.
Rispettiamoci!
Le mie parole finali
Se c'è una conclusione la si
deve trovare nel pensiero della continuità e della perpetuazione.
Non c'è altra cosa da fare,
se non quella di mettersi al servizio delle pinete per ascoltare e soddisfare
le loro richieste perché il loro stato si mantenga con la successione delle
generazioni che dall'uomo devono trarre origine.
Bibliografia
Baronio P.,
Marini M., Sama G.F:, 1988 - Studi su
Oberoea pedemontana Chevrolat 1856 (Coleoptera, Cerambicidae). Monti e Boschi, XXXIX, 5: 45-52.
Fenaroli L.,
Gambi G. 1976 - Alberi. Dendroflora
italica. «Museo Tridentino di Scienze Naturali», Trento, pp. 717.
Govi G., 1967
- Osservazioni preliminari sulle
condizioni sanitarie delle pinete di Ravenna. «Informatore fitopatol.», 17:
245-249.
Nucciotti F.,
Simonini G., 1974 - Profilo climatico, Il clima e le sue correlazioni
con l’inquinamento atmosferico. In «Influenza di insediamenti industriali
sul circostante ambiente naturale. Studio sulla pineta di San Vitale di
Ravenna», a cura di R. E. Scossiroli, Editrice Compositori Bologna: 10-42.
Pirola A.,
1974 - La vegetazione della pineta di S.
Vitale. In «Influenza di insediamenti industriali sul circostante ambiente
naturale. Studio sulla pineta di San Vitale di Ravenna», a cura di R. E.
Scossiroli, Editrice Compositori Bologna: 76-88.
Scossiroli R
E., 1974 - Influenza di insediamenti
industriali sul circostante ambiente naturale. Studio sulla pineta di San
Vitale di Ravenna. Editrice Compositori Bologna: 276-286.
Silvestri A.,
1989 - Pietro Zangheri (1889 - 1983).
Antologia degli scritti nel centenario della nascita. «Cassa dei Risparmi
di Forlì», Forlì, pp. 390.
Zangheri P.,
1936 - Flora e vegetazione delle Pinete
di Ravenna. «Valbonesi», Forlì, pp. 421.
Zangheri P.,
1952 - L’importanza naturalistica delle
Pinete di Ravenna attraverso l’opera di Francesco Ginanni. «Studi Romagnoli»,
3: 297-312.
Zangheri P.,
1976 - La natura in Romagna. In
«Scritti in memoria di Augusto Toschi», Suppl. Ric. Biolog. Selvagg., 7:
727-822.
(Piero Baronio)
LE NOSTRE
RUBRICHE
Alcuni soci hanno chiesto
perchè da qualche tempo non compaia più la rubrica “Viaggi e ricerche dei soci”
. In un epoca in cui tutti hanno occasione di viaggiare e molti dei nostri soci
percorrono in lungo e in largo i cinquecontinenti, sarebbe utile sapere a chi
rivolgersi per la cartografia, per una buona guida o anche solo per un
consiglio. Purtroppo solo una esigua minoranza dei nostri “viaggiatori” si
ricorda di fornire qualche informazione al Notiziario, e non si può tenere in
vita una simile rubrica solo con notizie carpite o ascoltate per caso. Ci
scusiamo con i pochi soci di buona volontà che sarebbero tuttora disponibili,
ma riteniamo che questa rubrica sia utile solo se ricca di informazioni,
soprattutto sui paesi più lontani.
Alcune nuove idee ci vengono
da Giorgio Pezzi, che propone nuove rubriche con contenuti diversi ma legati
alla natura che ci circonda. I soci disponibili a collaborare possono
contattarlo (e-mail pzzgrg@libero.it
; specificare in oggetto : Notiziario SSNR ) inviando
materiale utile per la pubblicazione. Le rubriche possono contenere poesie o
scritti della letteratura italiana specificatamente dedicati alle creature
della Natura, curiosità e primati su di esse, ricette con erbe spontanee ed
altri argomenti di interesse generale a sfondo naturalistico.
Pubblichiamo qui
di seguito due primi …assaggi.
LA
NATURA IN CUCINA
Le rucole (fam. Brassicacee). Eruca sativa Miller è la comune
rucola e le sue varietà selezionate sono vendute nei mercati e nei negozi. La
pianta è spontanea soprattutto nelle basse colline, ma si può trovare ovunque,
sporadica. Fiorisce in ogni epoca e caratteristico è il suo vistoso fiore a
quattro petali bianchi o giallo pallidi con vene scure. Diplotaxis tenuifolia
(Linnaeus) de Candolle è la ruchetta selvatica che cresce spontanea in vari
ambienti asciutti e caldi quali argini, carraie, giardini, incolti, macerie, pinete,
ecc. Fiorisce nella buona stagione e il suo fiore è piccolo e giallo. Talora
dalla radice carnosa pluriennale originano grandi cespi con rami in parte
prostrati al suolo. Il suo aroma è molto più pronunciato della rucola comune e
per questo in genere più apprezzata. Non va confusa con la congenere
Diplotaxis erucoides (Linnaeus) de Candolle, infestante le colture,il
cui fiore è bianco e l’aroma nettamente agliaceo.
Con le foglie giovani delle rucole si aromatizzano
insalate, pizze, triti di carne, ecc. Per coltivarle si può partire dai semi
raccolti in natura, ma per la ruchetta selvatica si può facilmente prelevare la
pianticella con un po’ di terra e trapiantarla in vaso o nell’orto di casa dove
per più anni può fornire abbondanti “raccolti”.
(Giorgio Pezzi)
NATURA E LETTERATURA
Inauguriamo questa rubrica con una poesia del
poeta toscano Giuseppe Giusti; essa, definibile uno "scherzo
leggero", loda la modestia, l'umiltà della Chiocciola, animale che
simboleggia un poco la vita scialba e povera di eventi del poeta, morto di tisi
nel 1850 a soli 41anni d'età.
LA CHIOCCIOLA
Viva la
Chiocciola,
viva una bestia
che unisce il merito
alla modestia.
Essa all'astronomo
e all'architetto
forse nell'animo
destò il concetto
del cannocchiale
e delle scale.
Viva la Chiocciola.
caro animale.
Contenta ai comodi
che Dio le fece,
può dirsi il Diogene
della sua spece.[2]
Per prender aria
non passa l'uscio:
nelle abitudini
del proprio guscio
sta persuasa
e non intasa.
Viva la Chiocciola,
bestia da casa.
Di cibi estranei
acre prurito
svegli uno stomaco
senza appetito:
essa sentendosi
bene in arnese,
ha gusto a rodere
del suo paese
tranquillamente
l'erba nascente.
Viva la Chiocciola,
bestia astinente.
Nessun procedere
sa con le buone,
e più d'un asino
fa da leone:
essa al contrario,
bestia com'è,
tira a proposito
le corna a sé;
non fa l'audace,
ma frigge e tace.
Viva la Chiocciola,
bestia di pace.
Natura, varia
ne' suoi portenti,
la privilegia
sopra i viventi,
perchè (carnefici,
sentite questa)
le fa rinascere
perfin la testa ;
cosa ammirabile,
ma indubitabile.
Viva la Chiocciola,
bestia invidiabile.
Gufi dottissimi,
che predicate
e al vostro simile
nulla insegnate;
e voi girovaghi,
ghiotti, scapati,
padroni idrofobi,
servi arrembati;
prego a cantare
l'intercalare:
Viva la Chiocciola,
bestia esemplare.
La
Società si è dotata di un suo indirizzo di posta elettronica che preghiamo di
annotarvi: Tutti
i soci dotati di un loro indirizzo e-mail sono invitati a spedire un messaggio
dove non devono scrivere nulla se non le loro generalità. Sarà così possibile avere una rubrica di
indirizzi elettronici corretti ed aggiornati e tentare di attivare un servizio
di Newsletter (anche se questo
comporterà un certo lavoro) per notizie ed avvisi di un certo interesse. Se la cosa non vi disturba, potreste indicare
anche la vostra data di nascita: vorremmo fare una piccola indagine sul corpo
sociale per vedere se è in atto o meno un rinnovo generazionale e magari per
creare qualche iniziativa più mirata alle varie fasce anagrafiche. |
RECENSIONI
Riceviamo e
pubblichiamo la recensione di due libri non riguardanti in modo specifico la
nostra regione, ma certamente interessanti per quanti si occupano di flora
alpina e/o di entomologia.
Aeschimann
D., Lauber K., Moser D.M., & Theurillat J.-P., 2004 - Flora Alpina.
E’ appena comparsa in
libreria Flora alpina edita per
l’Italia dalla Zanichelli; due
grossi volumi (di complessive 2340 pagine) più un terzo di indici.
Uno degli appunti che si può
fare a questa nuova flora, che di critiche in realtà ne merita poche, sta forse
nel suo titolo perché per “flora alpina” intendiamo solitamente le piante che
crescono solo al di sopra di una certa quota.
In questo caso invece vengono prese in considerazione tutte le specie
vascolari presenti sul territorio coperto dalle Alpi, quindi anche alle basse
quote e nelle zone a carattere più mediterraneo, come l’Alta Provenza ed il
Lago di Garda; vi troveremo quindi anche Ulivo, Lentisco, Cocomero asinino,
ecc.
Si tratta di un lavoro
monumentale, che illustra ben 4491 entità presenti dalla Alpi Marittime alla
Stiria, ma la grande novità è che ogni specie (o sottospecie) è illustrata da
una (spesso due) foto a colori, naturalmente anche quelle che nessuno fotografa
mai, come Graminacee, Cyperacee e via dicendo.
E qui va subito chiarito un altro possibile equivoco, non è un’opera
dedicata al neofita, lo si capisce dalle stesse dimensioni; l’ordine di
presentazione è strettamente sistematico, non vi sono chiavi di determinazione
né descrizioni (che vengono demandate alle flore locali) gli ambienti non
vengono indicati con un linguaggio di immediata comprensione (prati aridi,
boschi di castagno, ecc.) ma con la terminologia dei fitosociologi; per cui fagetalia sono ovviamente i boschi di
faggio, ma le faggete ben conservate sono i Tilio-Acerion
e Thlaspion rotundifolii indica,
ad esempio, i ghiaioni dolomitici.
E’ un’opera che nasce in
Svizzera ma dall’ampio respiro europeo, perché esce contemporaneamente anche in
tedesco e francese. Molte scelte editoriali quindi sono state dettate dalla
necessità di superare i problemi di lingua; ma è stato necessario tradurre solo
le pagine introduttive perché tutte le restanti informazioni sono affidate a
simboli, cartine, diagrammi.
Flora alpina, come si
diceva, non merita critiche; le foto sono bellissime, scelte accuratamente per illustrare
i particolari salienti del soggetto; spesso un piccolo disegno completa questa
muta descrizione evidenziando la pelosità, il portamento, le dimensioni delle
foglie, o altri particolari utili alla determinazione. Per ogni entità troviamo, oltre alle
sinonimie più comuni, le dimensioni della pianta intera e di alcune sue parti,
la forma biologica, la fenologia, un codice per gli ambenti di crescita, la
distribuzione altitudinale e le esigenze ecologiche (umidità, livello trofico e
acidità del terreno).
Un discorso a parte meritano
le cartine di distribuzione; il territorio alpino è stato suddiviso seguendo i
confini amministrativi (le province per l’Italia, i cantoni per la Svizzera, i
Lander per l’Austria, ecc.) e diversi gradi di azzurro o di grigio indicano la
presenza, l’assenza, il dubbio, l’estinzione. Non vengono dimenticate le altre
montagne europee: guardando le cartine sapremo se il nostro fiorellino è
presente o meno anche sugli Appennini, in Corsica, sui Pirenei, sui vari gruppi
montuosi francesi, in Foresta Nera, sulle Alpi Dinariche, sui Carpazi, sui
Balcani.
Il volume di indici riporta
tra l’altro, oltre ovviamente ai nomi latini, l’elenco delle entità endemiche,
le classi fitosociologiche e, a conferma della valenza internazionale dell’opera,
i nomi volgari in tutte le lingue parlate sulle Alpi (tedesco, francese,
italiano, slovacco) e in inglese.
Chi si occupa di flora sa
bene che, in Italia, l’iconografia botanica è un punto dolente; la stessa flora
di Pignatti, che costituisce l’insostituibile punto di riferimento di ognuno di
noi, è stata illustrata con i vecchi disegni del Fiori, in bianco e nero,
piccoli, spesso imprecisi nei particolari, quando non siano addirittura
fuorvianti. Questa novità libraria va dunque
a colmare una lacuna sentita; peccato copra solo una parte della nostra
ricchissima flora.
In cauda venenum (= alla fine il veleno) dicevano i Latini, alludendo agli scorpioni;
nel nostro caso il venenum è il
prezzo, ma io ritengo che, al giorno d’oggi, 190 Euro non siano esagerati
rispetto al grande pregio di quest’opera. Se potete, fatevi fare uno sconto dal
vostro libraio di fiducia.[3]
(Fabio Semprini)
Barbero
E., Palestrini C., & Roggero A., 2003 - Revision of the genus Phalops Erichson, 1848 (Coleoptera: Scarabaeidae: Onthophagini). Monografie del Museo Regionale di Scienze
Naturali, Torino, 38: 378 pp., 228 fig., 9 tav.
Il libro costa 45 Euro più
spese di spedizione. L’ordine va effettuato scrivendo ad
anna.grassini@regione.piemonte.it oppure direttamente al Museo Regionale di
Scienze Naturali, via Giolitti 36, 10123 Torino, fax ++3901143207301.
Le monografie
del Museo Regionale di Scienze Naturali, che in più di venti anni di vita,
oltre a mantenere un elegante e gradevole aspetto editoriale, hanno trattato
temi riguardanti animali e vegetali di tutto il mondo, hanno ultimamente
focalizzato la loro attenzione sugli Insetti, ed in particolar modo sui
Coleotteri.
Il
trentottesimo volume, quello dei piemontesi Enrico Barbero, Claudia Palestrini
ed Angela Roggero, tutti e tre non nuovi a lavori specialistici riguardanti gli
Onthophagini, è una revisione dei Phalops
Erichson, 1848, un genere di Scarabeidi coprofagi con una distribuzione
geografica che comprende principalmente buona parte dell’Africa subsahariana,
le regioni meridionali della Penisola Arabica e l’intero subcontinente indiano.
Sono 37 le
specie che gli Autori, dopo aver esaminato il materiale tipico ed oltre 7000
esemplari, hanno riconosciuto appartenere al genere. La ricerca è stata
condotta sulla base dello studio della morfologia esterna, dell’epifaringe
degli adulti e delle armature genitali maschili e femminili. I tre Autori hanno
così potuto descrivere due nuove specie e proporre nuove sinonimie e variazione
nomenclatoriali. Il lavoro comprende anche una chiave dicotomica in due lingue,
inglese e francese, per l’identificazione delle specie trattate. Conclude la
revisione una analisi cladistica delle relazioni filogenetiche basata sullo
studio di 71 caratteri, analisi che porta alla conclusione che le specie
incluse nel genere Phalops costituiscono un gruppo monofiletico, nel cui ambito si
possono riconoscere due linee evolutive, composte rispettivamente da 4 e da 2
gruppi di specie.
Uno dei punti
forti dell’intero lavoro risiede nell’iconografia: un totale di 228 figure,
comprese mappe di distribuzione, fotografie a colori di tutte le specie,
disegni delle epifaringi (in veduta dorsale e ventrale), dei parameri (in
veduta dorsale, ventrale e laterale), degli scleriti del sacco interno
dell’edeago, della spermateca e della vagina.
Un’opera di
tale portata non può necessariamente essere esente da piccole imperfezioni,
peraltro poche e di scarsa importanza, ma anche quella più fastidiosa, a pagina
297, che riguarda un problema di omonimia mal risolto (Onthophagus tricuspis
d’Orbigny, 1908 è un omonimo primario di Onthophagus
tricuspis Semenov, 1899 e, in quanto
nome non valido, non potrebbe e non dovrebbe essere usato) non inficia la
validità dell’intera revisione che anzi risulta particolarmente ben curata rispetto
ad altre della stessa importanza.
La Monografia
di Barbero, Palestrini e Roggero colma un vuoto tassonomico e sistematico che
gli specialisti del settore da tempo denunciavano, e può tranquillamente essere
considerata un punto di partenza per studi futuri su questi interessanti
Coleotteri, la cui biologia, ecologia ed i cui stadi preimaginali sono ancora
poco conosciuti. In definitiva, il volumetto è degno di comparire nella
libreria non solo di tassonomisti e appassionati di Scarabeidi, ma anche di chi
è interessato in ricerche sull’ecologia degli stercorari, animali che rivestono
un ruolo sempre più importante negli ecosistemi di tutto il mondo.
(Stefano Ziani)
BIBLIOROMAGNA
[Sono omessi i lavori pubblicati sui nostri Quaderni di Studi e Notizie di Storia Naturale della Romagna ]
Rafael La Perna, Alessandro
Ceregato & Cesare Tabanelli. 2004 - Mediterranean Pliocene protobranchs: the genera Jupiteria
Bellardi, 1877, Ledella Verril & Bush, 1897 and Zealeda
Marwick, 1924 (Mollusca, Bivalvia). Bollettino Malacologico 40 (1-4):
25-36
AA.VV., 2004 - Annales confederationis
europaeae mycologiae mediterranensis - 2002. X Giornate micologiche della CEMM,
Cervia, 10-16 novembre 2002. Associazione Micologica Bresadola,
Trento: pp. 128.
L’Assemblea ha riconfermato per il 2005 la
quota sociale di Euro 18,00 per i soci ordinari e di Euro 24,00 per i soci
non residenti in Italia. Si allega il bollettino di conto corrente
postale, con preghiera di versare la quota sociale entro il mese di marzo
2005 . Alcuni soci hanno dimenticato di versare la
quota sociale 2004. Essi noteranno che il bollettino di conto corrente
allegato riporta la somma dovuta per il biennio 2004-2005. In qualche caso la
mancata registrazione del versamento 2004 potrebbe essere dovuta a disguidi
postali o ad errori della segreteria; in tal caso si prega di segnalare gli
estremi del versamento effettuato scrivendo alla Società (indirizzo nelle
righe seguenti) oppure alla e-mail
ssnr@libero.it Si ricorda che il versamento va fatto sul
cc.postale N° 11776473 intestato a: Società per gli Studi Naturalistici della
Romagna, C.P. 143 48012 Bagnacavallo
(RA) |
contatti e-mail:
Segreteria: ssnr@libero.it – Presidente: pedernando@linknet.it
Per le nuove rubriche: pzzgrg@libero.it