NOTIZIARIO
2 / 2007
N.
37 - Ottobre 2007
Spedizione in Abbonamento
Postale
D.L. 353/03 (conv. in L. 27/02/04 n.46) art.
1, comma 2, DCB Ravenna
Società per gli Studi Naturalistici
della Romagna
Associazione di
volontariato con sede legale in Piazza Zangheri, 6 - Cesena
Indirizzo postale:
C.P. 143 48012 Bagnacavallo
(RA)
e-mail della Segreteria ssnr@libero.it
sito internet www.linknet.it/ssnr
NOTIZIARIO 2 / 2007 (N. 37)
Periodico
semestrale – Ottobre 2007
Direttore
responsabile Sandro Bassi
Spedizione in Abbonamento Postale
D.L. 353/03 (conv. in L.
27/02/04 n.46) art. 1, comma 2, DCB
Ravenna
Sommario
in neretto gli
appuntamenti da non perdere !!
resoconto dell’assemblea ordinaria del 20
aprile |
pag. 3 |
notizie |
pag. 4 |
serate naturalistiche di via
cogollo
|
pag. 6 |
ricorre il 300°
anniversario della nascita di linneo
|
pag. 9 |
il clima e’ …
vicino
|
pag. 14 |
rinnovo della quota sociale
|
pag. 17 |
l’avvocato del
diavolo
|
pag. 18 |
Recensione
“De septaria” |
pag. 22 |
Biblioromagna
|
pag. 23 |
|
|
BREVE
RESOCONTO DELL’ASSEMBLEA ORDINARIA DEI SOCI DEL 20 APRILE
E’ stata un’assemblea di fine triennio e quindi particolarmente importante perché si sono tenute anche le elezioni del nuovo Consiglio Direttivo. Il numero dei soci presenti e votanti non era proprio eccessivo, meno del 10% del corpo sociale, in compenso i risultati delle votazioni sono stati molto eloquenti.
Alla carica di Presidente è stato confermato, con
voto pressoché unanime, il nostro Nando e questo plebiscito lo ha convinto a desistere
dal suo proposito di cedere l’onere e l’onore della carica a qualcun altro.
Il Consiglio Direttivo ha visto qualche “new entry”
e, dopo la prima riunione in cui sono state distribuite le cariche sociali,
risulta così composto:
Fernando
Pederzani Presidente
Fabio
Semprini Segretario
e Vicepresidente
Ilvio
Bendazzi Tesoriere
Ettore
Contarini Consigliere
Roberto
Fabbri “
Paolo
Neri “
Giorgio
Pezzi “
Alberto
Rivalta “
Pierluigi
Stagioni “
I
Revisori dei conti restano, come nella passata “legislatura”,
Giovanni
Rivalta e Paolo Garagnani
Il
Collegio dei probiviri è composto da:
Massimiliano
Costa, Gianfranco Sama e Leonardo Senni.
Le seconda importante decisione presa dall’Assemblea
è stato l’aumento della quota sociale,
portata a 25 euro annui per i soci
ordinari, mentre i soci giovani (cioè che abbiano meno di 30 anni) è rimasta di
soli 15 euro.
La nostra Società, che ha fra gli scopi statutari quello di “… promuovere la diffusione della cultura naturalistica in Romagna” , è riuscita anche quest’anno a fare omaggio ai soci del bel volume:
Cento
uccelli del parco di Massimiliano Costa (ns. socio), L. Piazza
e R. Zaffi – Longo Editore, Ravenna
Il libro, che tratta dell’avifauna del Parco del Delta del Po, consta di 176 pagine riccamente illustrate (le foto sono realmente bellissime). E’ già stato consegnato o spedito a tutti i soci in regola col pagamento delle quote.
L’iniziativa ha richiesto un certo sforzo finanziario, speriamo che i soci abbiano apprezzato.
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Nel corso della riunione del 20 aprile u.s.
l’Assemblea dei soci ha unanimemente approvato la proposta del Consiglio
Direttivo di nominare Socio Onorario
il Prof. Sergio Zangheri, questo in
considerazione sia dei suoi meriti naturalistici sia dei numerosi gesti di
amicizia nel nostri riguardi.
Il prof. Sergio Zangheri, ordinario di Entomologia
presso l’Università di Padova, è stato Direttore dell'Istituto di Entomologia
Agraria della stessa Università dal 1978
al 1990. Porta un cognome ben noto fra i
naturalisti romagnoli: è infatti figlio dell’indimenticato prof. Pietro
Zangheri.
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Quest’anno è stato denso di impegni per la nostra
Società:
- Abbiamo portato a termine l'incarico affidatoci dal Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, M. Falterona e Campigna per la fornitura di fotografie digitali di aspetti naturalistici del Parco, in particolare botanici ed entomologici.
- E' stata
fornita assistenza per l'allestimento del piccolo museo forestale di Campigna,
intitolato a Guido Campadelli, per ora non ancora inaugurato ma visitabile su
prenotazione.
- Sono state
rinnovate le convenzioni col Comune di Bagnacavallo per la gestione,
manutenzione e attività didattica della sezione naturalistica (museo) del
Centro Culturale Polivalente "Le Cappuccine" e del Podere
Pantaleone. A queste si è aggiunta
recentemente la convenzione per la gestione dell'orto officinale "Giardino
dei Semplici" nel giardino di Palazzo Graziani a Bagnacavallo.
- La
Provincia di Ravenna ci ha affidato due
incarichi per cui sono state recentemente firmate le convenzioni:
-
Monitoraggio della colonia di pipistrelli Ferro di Cavallo in relazione
al consolidamento dell'edifico Chiavica della Canalina ad Alfonsine, e
- Analisi propedeutica al
Piano Territoriale del Parco Regionale "Vena del Gesso Romagnola"
relativamente alla fauna ad invertebrati, con relative cartografie e proposte
di area di maggior tutela.
Si esprime anche in questa sede la gratitudine della
Società per quanti hanno lavorato a questi progetti, per i volontari che
operano a Bagnacavallo, al Museo e al Podere Pantaleone, che partecipano ai
turni di apertura del Podere e che si stanno occupando - da quest'anno a nome
della Società - del Giardino dei Semplici, e a quelli che hanno dedicato tante
notti d'estate ai progetti didattici "Natura nella Notte" e al
monitoraggio della colonia di pipistrelli di Alfonsine.
- Numerosi soci, che qui non possiamo ricordare
singolarmente, hanno tenuto conferenze, allestito mostre, guidato escursioni
naturalistiche in varie località della Romagna col patrocinio della Società. Un
sentito grazie a loro ed anche a chi ha fornito le fotografie di soggetti del
Parco Nazionale Foreste Casentinesi.
A fronte di tutte queste iniziative la Società
riceve contributi che in parte servono a coprire le spese e in parte rimangono
a finanziare le nostre attività istituzionali, coprendone oltre il 50 % .
Un ringraziamento infine alla Provincia di Ravenna,
che anche quest'anno ci ha elargito un contributo alla stampa dei Quaderni.
Ci auguriamo che, come già in passato, anche le
altre Province romagnole si rivolgano alla nostra Società, affidandoci
incarichi e finanziando i nostri progetti.
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Proseguono anche questo autunno le serate in Via Cogollo. Ricordandovi l’inizio per le ore 21:00 ecco le prossime:
Martedì 6 novembre 2007
Indovina chi è? – tracce di animali in natura e altrove - a cura di Roberto Fabbri e Alberto Rivalta
Martedì 4 dicembre
Forlivesi nei parchi del Costarica - a cura di Gilberto Bulgarelli, Massimo Milandri e Gabriella Zoli.
Le serate saranno allietate da vino, ciambella, e/o
mangiarini vari. I temi delle proiezioni potranno subire variazioni per causa
di forza maggiore, senza preavviso.
Come raggiungere il posto
Dalla SS 16
(Reale):
venendo da Ravenna, a Mezzano svoltare sul Lamone e proseguire oltre l’abitato
di Villanova per circa 800 m, poi svoltare a ds. per via Cogollo, direzione
Bagnacavallo. Siamo nella casa di fronte alla prima via a sn. (trav. Zorli)
dopo circa 1,5 Km.
Dalla SS 253
(S.Vitale):
percorrendola in direzione Ravenna Bagnacavallo, svoltare a ds. subito dopo il
ponte sul Lamone in direzione Traversara, poi in direzione Villanova per circa
3 Km, quindi deviare a sn. in direzione Bagnacavallo. Siamo nella casa di
fronte alla prima via a sn. (trav. Zorli) dopo circa 1,5 Km.
Da
Faenza/Lugo/Bagnacavallo: girare a sn. al semaforo di Bagnacavallo posto sulla S.Vitale poi
sempre dritto per imboccare via Cogollo, direzione Villanova. Siamo nella casa
di fronte a trav. Zorli (3^ strada a
ds.) dopo circa 4 Km da Bagnacavallo.
NUOVI SOCI
(elenco
omesso per ragioni di privacy)
AVVISO
Sono ancora disponibili copie del "Volume del Centenario" della Società
Entomologica Italiana: Mem.Soc.ent.ital. vol. 48 [1969-1975] in sei fascicoli. I soci eventualmente
interessati possono ritirarle gratuitamente accordandosi con la Segreteria o riceverle con un
contributo di 5 euro per le spese postali.
RICORRE QUEST’ANNO IL 300° ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DEL GRANDE
LINNEO. MA QUALI ISTITUZIONI LO RICORDANO?
di Ettore
Contarini
Carlo Linneo, l’indiscusso fondatore della sistematica moderna nelle
scienze naturali tutt’oggi in uso, nacque il 13 maggio 1707 a Raashult, un
piccolo paese della Svezia meridionale, da una famiglia rurale che aveva
lasciato i campi per dedicarsi ad altre attività. Fin da ragazzo egli visse
l’atmosfera delle scienze poiché il padre, appassionato allo studio della
botanica, lavorava spesso al riconoscimento delle piante, che a quei tempi era
una disciplina strettamente integrata alla medicina. Il dotto genitore,
divenuto pastore della sua comunità paesana, cambiò il nome d’origine che era Ingemarrson
in Linneus, latinizzando la parola locale “tiglio”. E’ ben noto come a quei
tempi gli uomini di studio, dagli artisti agli scienziati, dai letterati ai
musicisti, in tutta l’Europa amassero portare un cognome latineggiante poiché
questo simboleggiava da duemila anni l’apice della cultura europea. L’Italia
della latinità e della classicità era un faro nel mondo d’allora a cui tutti
gli uomini di cultura si riferivano, tanto che la lingua ufficiale dei dotti di
qualsiasi settore, fino all’Illuminismo e per qualche studioso anche più tardi
(vedi il botanico bagnacavallese Pietro Bubani nel 1800), è sempre stata
strettamente il latino. Purtroppo per il nostro Paese, da allora i tempi sono
molto cambiati…
Ma a parte le tristi riflessioni, ritorniamo alla storia. Per via
dell’incarico pastorale del padre, anche il giovane Linneo in un primo momento
fu indirizzato dalla famiglia verso la carriera ecclesiastica, ma col tempo,
considerata la passione per la botanica che affiorava sempre con maggior impeto
nel ragazzo, tale scelta iniziale fu poi tralasciata a favore dello studio
della medicina. I genitori, dimostrando grande attenzione e sensibilità verso
la vocazione scientifica di questo loro figlio, lo iscrissero per gli studi
superiori prima a Lund poi a Uppsala, l’università allora considerata la
migliore della Svezia, con insegnanti del livello di Celsius. Qui fu alunno
diligentissimo del grande botanico Olaus Rudbeck, e qui cominciò già, ancor
prima con la fervida fantasia che con la pratica naturalistica, a vagheggiare
nella sua mente giovanile come “inquadrare” tutto l’esistente naturale in un
unico grande schema razionale che fosse da tutti compreso e accettato. Fino ad
allora, in effetti, la nomenclatura vegetale e animale era ancora in gran parte
dovuta a una terminologia approssimativa e insufficiente in cui ogni entità
veniva definita soltanto tramite complicate descrizioni lunghe e soggettive. In
più, non si teneva conto delle “parentele” tra gli esseri viventi. Cosicché,
ogni specie era slegata, valutata isolatamente, senza relazione alcuna con
altri elementi naturalistici che pur presentavano evidenti somiglianze
morfologiche. Tutt’al più si trattava di grandi raggruppamenti di piante e di
animali all’interno dei quali si trovava un po’ di tutto. Soprattutto nel ‘700
linneano la teoria (ora si può dire la certezza) dell’evoluzione non era ancora
affiorata nella cultura scientifica; solo alcuni filosofi greci avevano in un
lontano passato abbozzato vaghe idee del progresso vitale, per cui il perfetto
non può scaturire che dall’imperfetto, e bisogna aspettare il 1575 perché un
certo Palissy sostenga che le conchiglie fossili si sono depositate in passato
in luoghi da cui poi il mare si è ritirato. L’idea di ceppi ancestrali da cui,
nel corso dei milioni di anni, si sarebbero diramate, per adattamento
ambientale, ben precise categorie sistematiche, a mo’ di albero genealogico,
sempre più suddivise e sempre più ricche di elementi biotici differenziati non
era ancora passata per la mente di nessuno. Soltanto vari decenni dopo, nella
prima metà dell’Ottocento, altri grandi scienziati come Darwin e come Wallace
intravidero questa grande possibilità, l’idea evoluzionistica, per spiegare la
grande varietà dei viventi e i loro rapporti filetici.
Quindi Linneo possedeva ancora il concetto di una natura statica, ferma
nel tempo, immutabile, verosimilmente “creazionistica”. Però egli “sentiva” già
alla sua giovane età, e in particolare per le sue amate piante, che occorreva a
tutti i costi cercare un criterio grafico, oltre che di affinità morfologica,
per esprimere dei raggruppamenti. Ma quali potevano essere gli strumenti per
definire il grado di parentela tra l’enorme gamma di forme presenti in natura?
Egli non possedeva a quel tempo ancora una soluzione chiara, ma un primo grande
passo nel campo dei vegetali (ed ecco la sua prima idea vincente) lo fece
cominciando a studiare la conformazione degli organi fiorali, allo scopo di
creare una struttura sistematica per affinità morfologica: corolla gamopetala o
dialipetala, ovario infero o supero, stami liberi o saldati, e così via.
Ancora studente a Uppsala,
Linneo scrisse nel 1729 una prima operetta sulle “nozze nelle piante” (Nuptiae arborum) la quale attirò
l’attenzione del suo professore di botanica al punto che lo nominò subito suo
assistente. Così, nel 1730, iniziò le sue lezioni, in sostituzione
dell’insegnante titolare, e per il taglio innovativo che dava alla materia si
creò intorno una certa notorietà; tanta che nel 1732 l’Accademia delle Scienze
di Uppsala lo inviò in Lapponia a studiare le piante artiche. I racconti del
suo viaggio nella zona boreale furono raccolti nella Lachesis Lapponica, opera che però venne pubblicata postuma,
soltanto nel 1811, mentre i risultati scientifici dell’esplorazione vennero
presentati alcuni anni dopo nella Flora
Lapponica (Amsterdam, 1737). Nel frattempo, si era laureato in medicina e
aveva contratto matrimonio con una donna di facoltosa famiglia.
A questo punto della vita i
rapporti di conoscenza con vari personaggi olandesi importanti fecero decidere
Linneo a trasferirsi a Leida dove il Gronovio, valutato attentamente il
manoscritto della prima versione del Systema
Naturae, lo fece pubblicare a sue spese (Leida, 1735). Subito dopo, 1736,
un ricco banchiere olandese finanziò la stampa del libro Fundamenta botanica, un importante lavoro linneano che ebbe molta risonanza
tra gli studiosi dell’epoca e influenzò largamente gli studi botanici
successivi. Appena un anno dopo (1737) seguì un’altra opera importante: Methodus plantarum.
Ormai Linneo aveva raggiunto
una tale notorietà che si spostava per studio e per rapporti con altri
naturalisti tra l’Olanda, l’Inghilterra, la Svezia, intrattenendo contatti con
i maggiori scienziati dell’epoca. Intanto, sempre in Olanda, videro la luce in
rapida successione altre sue opere, come Genera
plantarum e Classes plantarum.
Nel 1738 decise di ritornare
definitivamente in patria, stabilendosi prima a Stoccolma dove, senza
trascurare minimamente lo studio della botanica, si applicò anche nella
professione medica. Nel 1741 fu chiamato alla Università di Uppsala a ricoprire
la cattedra di Fisica e Anatomia, ma già un anno dopo passò a quella di
Botanica, disciplina che, naturalmente, predilesse sulle altre per l’intera sua
vita. Il resto della sua esistenza Linneo la trascorse tra le città di Uppsala
e quella di Hammarby, dove si era fatto costruire una grande villa con annesso
padiglione per il suo museo privato. In quegli anni di maggior tranquillità,
passati in famiglia, si dedicò alle sue maggiori opere e in particolare attese
più rigorosamente e con notevolissimi ampliamenti alle varie edizioni del suo Systema Naturae che, da operetta quasi
solo abbozzata nella prima edizione di Leida nel 1735, divenne un’opera
monumentale nella decima edizione del 1758/59. Altri importanti lavori furono,
in quel periodo, Le specie delle piante
e l’ultima, la più matura, Filosofia
botanica, del 1751.
Egli, ormai celebre,
ricevette onori e riconoscimenti da ogni parte, tra cui il titolo nobiliare dalle
autorità svedesi. A quel punto, forse un po’ anche per abitudine di famiglia
(vedi il padre), si autosostituì il nome in Karl af Linné.
Sempre animato dal “sacro
fuoco” continuò sempre a studiare, in particolare il mondo della botanica e, da
uno scritto del Camerario sul sesso dei vegetali, fu indotto ad approfondire le
indagini sugli organi della generazione, giungendo così a formulare la teoria
della “classificazione sessuale” delle piante.
Già nella sua Filosofia botanica,
del 1751, aveva codificato il metodo della “nomenclatura binomia”, che applicò
alle piante nel 1753 e successivamente agli animali nelle ultime edizioni del
“Sistema naturale”.
Purtroppo, sebbene non
ancora troppo avanti con gli anni, la salute di cui aveva finora goduto smise
di assisterlo. Dal 1767 cominciò a perdere la memoria e la capacità di lavorare
finché, nel 1774, un verosimile infarto lo ridusse in cattivo stato.
Sopravvisse solo alcuni anni ancora, morendo a Uppsala il 10 gennaio del 1778.
Essendo però deceduto in precedenza l’unico figlio, che Linneo aveva designato
come suo successore, la vedova vendette tutte le collezioni, i libri, i
manoscritti, e quant’altro vi era di scientifico in famiglia alla Società
Linneana di Londra.
Ma tornando, con prospettiva
storica, ai tempi attuali, che cosa ha “inventato” di così importante e come si
è detto tuttora in uso, questo genialissimo svedese del ‘700? Il posto tra i
grandi della Scienza gli è dovuto per l’introduzione nella classificazione dei
viventi della “nomenclatura binomiale”, ossia composta per ogni essere vegetale
o animale di due nomi. Ad ogni organismo vengono attribuiti così questi due
titoli in lingua latina, o comunque latinizzata: il primo, il genere, inquadra
un raggruppamento più o meno ristretto di appartenenza che mostra certi
caratteri comuni. Il secondo, il nome proprio e unico della specie in esame,
definisce un’entità precisa e inconfondibile che si differenzia dagli altri
organismi affini del suo gruppo, ossia da quelli del sopracitato “genere”. Il
tutto un po’ come, fra noi uomini, il cognome individua i componenti di una
stessa famiglia, uniti da un legame di parentela anche a livello
socio-amministrativo, ed il nome di battesimo, che distingue i singoli
individui.
La nomenclatura binomia è
ormai applicata da tre secoli e ora sembra una soluzione talmente pratica che
forse non ne appezziamo appieno l’importanza, ma a quei tempi l’innovazione fu
una rivoluzione scientifica di portata mondiale, degna di un grande personaggio
quale fu Linneo. Naturalmente, per quest’ultimo il lavoro da svolgere, dopo
aver creato il metodo innovativo, si presentò enorme! Si pensi soltanto a dover
“inventare” migliaia di nomi e a distribuirli oculatamente in base a categorie
di affinità morfologica, tutte ancora da studiare tramite osservazioni dirette
dal vero, a tutto il mondo vivente allora conosciuto.
Scorrendo i testi
scientifici di botanica e di zoologia, subito dopo i due termini che indicano
genere e specie troviamo una sigletta, in genere in lettere maiuscole; è il
riferimento al primo descrittore storico di quell’entità. Quante volte ancor
oggi vi troviamo una L maiuscola, che indica appunto che si tratta di Linneo. A
conti fatti, sembra che egli abbia classificato circa 7.300 piante e 4.400 animali,
dando come s’è visto ad ognuno di loro “un cognome e un nome”. Nel complesso ha
quindi creato, annodando pazientemente tra loro migliaia di taxa per affinità
di struttura fisica, quello che lui stesso definì il Systema Naturae, cioè una
esauriente classificazione dei viventia Tale classificazione si è rivelata
talmente efficace che nessuno, neanche i molti soloni dei secoli successivi
fino a oggi, ha mai osato mettere seriamente in discussione, perché è fondata
su principi di semplicità e razionalità che non hanno alternative. Magari
oggigiorno, con gli studi più approfonditi, gli specialisti “spostano” una
specie da un genere all’altro, o un genere da una famiglia all’altra, o ancora
costituiscono generi o gruppi nuovi in base a nuove scoperte o a ulteriori
valutazioni tassonomiche o genetiche (vedi DNA); ma l’intelaiatura che c’è
sotto per farsi capire, come un grande linguaggio tecnico internazionale, è
sempre la nomenclatura binomiale ideata dal grande Karl af Linné.
Ma chi si ricorda oggi di
questo grande scienziato, geniale e innovatore? Quali pubbliche istituzioni (in
passato io scrivevo queste due parole con la iniziale maiuscola…) dicono o
scrivono una parola su di lui? Comuni, province, regioni, ricordano e organizzano
mostre e convegni sui personaggi più disparati, spesso insignificanti e
dubbiamente di qualche valore culturale… E Linneo? Dov’è il grande Linneo?
di Leonardo
Senni
I cambiamenti climatici, che ormai molti dati
scientifici dimostrano essere eventi sempre più veloci, sembrano spesso
staccati dalla nostra vita quotidiana, o apportatori di modificazioni lontane
da noi e dagli ambienti naturali che siamo soliti frequentare. Ma non è così.
Pur con tutti i limiti derivanti dall'assenza di una
corretta metodologia, anche modeste osservazioni di casi particolari e di
dettagli ci forniscono indizi di possibili attuali modificazioni di habitat,
ecosistemi, comunità vegetali ed animali che ad uno sguardo superficiale
parrebbero immutati.
Possiedo una casetta a 800 metri di quota
nell'Appennino bolognese, all'interno dei boschi del Monte Vigese che è parte
dell'omonimo Sito di Importanza Comunitaria, ove trascorro da dieci anni molto
tempo e tre mesi estivi: le osservazioni naturali che conduco in questo
complesso, e nella inclusa Oasi del WWF, sono ancora più continue e regolari
nei dintorni della mia casa, com'è ovvio. Ecco dunque le “schede” di alcune
specie a cui ho prestato attenzione:
Gentiana asclepiadea L. è specie igrofila
ampiamente diffusa nell'area alpina; la sua distribuzione prosegue
nell'Appennino settentrionale, rarefacendosi via via verso Sud fino alla sua
scomparsa nell'Appennino tosco-romagnolo; esistono passate segnalazioni per
poche stazioni nel territorio dell'attuale Parco Nazionale delle Foreste
Casentinesi, Monte Falterona e Campigna che non hanno più trovato conferma.
La specie è presente nei castagneti inselvatichiti
del versante Nord del M.te Vigese, con massima concentrazione alla quota dei
750-850 m s.l.m. Questa genziana dispiega le sue bellissime foglie dalla tarda
primavera all'estate e, in questo luogo, fiorisce nel pieno del mese di Agosto.
Le prolungate siccità estive degli anni '90 e '2000 l'hanno colpita in modo
significativo. Dieci anni or sono vi erano molte piante distribuite nel bosco
attorno alla casa, oggi molte di esse sono scomparse (almeno una su quattro) ed
altre sono in una fase di regresso presentandosi, anno dopo anno, con apparato
vegetativo di statura sempre minore e cessando la fioritura; assai rara inoltre
la comparsa di nuovi esemplari.
Gentiana ciliata L. è
specie di brughiere e pascoli subalpini; di norma non comune nel medio
Appennino settentrionale. L'anno 2006 ha visto la scomparsa delle uniche due
stazioni che mi erano note per il territorio del SIC, una delle quali, proprio
nell'area di pertinenza della mia casa, costituita da alcune decine di piante:
solo due di esse hanno sviluppato un modesto apparato vegetativo e a fine
estate, anziché fiorire, sono scomparse, nonostante mi fossi prodigato con
saltuarie annaffiature.
Nebria tibialis subcontracta K. & J. Daniel, è un coleottero carabide tipico dell'Appennino settentrionale e
centrale che, come la gran parte dei Carabidi Nebriini, è legato ad ambienti
forestali montani a buon grado di umidità; nel complesso Montovolo-Vigese è
ampiamente diffuso ed abbondante, anche nelle vicinanze della mia casa dove lo
osservo correre velocemente sui marciapiedi, davanti alla porta e nella strada
forestale in ore serali e notturne, tanto numeroso da rendere difficile il
passo a chi, come me, vuole evitarne anche il calpestio accidentale. Il periodo
di aridità estiva produce la scomparsa per diapausa di questa specie, mentre
altre specie silvicole o sciafile presenti nel luogo, come Tomocarabus convexus convexus Fabr., Oreocarabus glabratus Payk., Megodontus
violaceus picenus Villa, Cychrus
italicus italicus Bon., Pterostichus
micans Heer, Percus passerinii
(Dej.), Abax ater curtulus Fairm.,
proseguono la loro attività anche in periodo caldo-arido ad esclusione di un
più ridotto intervallo concentrato in genere tra la metà di Luglio e quella di
Agosto.
Il periodo della diapausa estiva per tutte queste specie è andato, pur
con oscillazioni, allungandosi in questi dieci anni, ed in particolare per N. tibialis che, in assenza di precipitazioni di una certa
entità, tende a scomparire già alla fine di Giugno per ricomparire con le
piogge di Settembre.
Da diversi anni, poi, si assiste non solo ad estati assai calde e con
lunghi periodi privi di precipitazioni significative, ma anche a primavere
caratterizzate da scarsità di piogge e da molti giorni ventosi. Ciò ha riflessi
su molti aspetti biologici, tra cui le fasi riproduttive degli anfibi e la
fenologia dei carabidi: nel 2005 non è stato possibile, nonostante le numerose
occasioni, incontrare esemplari vaganti di N.
tibialis per tutta la primavera e l'estate! Solamente con le piogge più
abbondanti dell'inizio del mese di Settembre la specie è ricomparsa, in
apparenza numerosa come al solito. Nel 2006 la specie ha nuovamente “saltato”
il periodo primaverile ed in più anche quello tardo estivo, comparendo solo per
un breve periodo a fine Settembre !
Penso che questo comportamento non sia un fatto
frequente, né nel luogo descritto né altrove, e che valga la pena seguire le
ulteriori evoluzioni di questo allarmante segnale.
Bufo bufo L.,
il Rospo comune, è sicuramente la specie di maggiore plasticità ambientale e
maggior diffusione tra gli Anfibi Anuri, anche lontano da raccolte d'acqua
valide come siti riproduttivi. Nella parte alta del Monte Vigese la presenza
del rospo, rinvenuto dopo le piogge o sorpreso durante l'attività notturna, è
sempre stata confermata, con tre/ quattro esemplari anche nell'intorno della
mia casa fino all'anno 2006. Nell'estate di questo anno non ho potuto rinvenire
alcun esemplare di rospo, nonostante la grande attenzione dedicata, nella
citata area boschiva del Monte Vigese, e solamente dopo un acquazzone di Agosto
ho potuto incontrare due (solo 2) esemplari lungo circa due chilometri della
vicina strada provinciale.
Trovo
giusto scusarmi nuovamente per l'empirismo delle segnalazioni, ma ritengo
egualmente utile che questi fatti vengano in qualche modo registrati
RINNOVO DELLA QUOTA SOCIALE !
E’ possibile versare direttamente in occasione degli incontri sociali al segretario (Semprini), al tesoriere (Bendazzi) o ad alcuni altri membri del Consiglio direttivo (Pederzani, Contarini, Fabbri). Per chi preferisca è possibile il versamento in conto corrente postale n. 11776473 intestato a SOCIETA’ STUDI NATURALISTICI ROMAGNA.
Al presente Notiziario è allegato un bollettino prestampato.
NUTRIE, SILURI, TARTARUGHE, GAMBERI ESOTICI STANNO
MASSACRANDO I NOSTRI AMBIENTI.
E’ VERO: MA LORO CHE COLPA NE HANNO?
In relazione al bell’articolo di Pederzani & Fabbri dal
titolo “Il quarto cavaliere dell’Apocalisse: Procambarus clarkii” (Quaderno di Studi e Notizie di Storia
Naturale della Romagna; n. 23, dicembre 2006), vorrei fare qualche mia
considerazione aggiuntiva di ordine generale a quanto scritto, in modo
razionale ed esaustivo, dai due amici e colleghi sopracitati.
Innanzitutto, vorrei istituire, come si fa in occasione di
un accertato nuovo taxon per la Scienza, un’altra entità della famigerata
teoria dei cavalieri dell’Apocalisse. Tale quinta figura aggiuntiva, forse
peggiore delle altre poiché spesso ne rappresenta la snaturata madre, è un
cavaliere pazzo che poche persone, fasciate nella loro tunica di esasperato
antropocentrismo, vogliono riconoscere: la stupidità umana.
Le prove dell’esistenza di questo quinto e temibilissimo
cavaliere sono moltissime e ovunque diffuse. E’ sufficiente guardarsi intorno.
Nei fiumi, ad esempio, a monte si scaricano liquami tossici di ogni sorta e a
valle si pretende di bagnarsi nel mare pulito. Sulle strade, da una parte si
tenta di convincere la gente a correre meno e dall’altra la rimbombante
pubblicità incita ad andare più forte per essere “qualcuno che conta”. Dove la
gente si lamenta dell’aria avvelenata il legislatore, per riparare al danno,
alza i limiti di tollerabilità nella normativa sugli inquinamenti così… siamo
dentro la legge! E così via. Ci sarebbe da riempire un libro.
Eccolo, dunque, questo mostruoso quinto cavaliere dell’Apocalisse
che sta distruggendo il pianeta Terra ma che molti non vogliono riconoscere
usando il vecchio e puerile metodo dello struzzo che, per non vedere il
pericolo, mette la testa sotto la sabbia. Perché a questo piccolo e fragile
essere, a completo torto considerato da sempre una specie di dio in terra
altezzoso e intoccabile, non si devono mai dare delle colpe. Invece le colpe le
ha, e grosse. Chi ha fatto attraversare, ritornando al nostro tema delle introduzioni
di animali esotici dannosi, l’oceano Atlantico al micidiale gambero della
Luisiana? Chi ha fatto altrettanto con la prepotente testuggine acquatica
americana? Chi ha portato in Europa dal Sud-America la distruttrice nutria? Chi
ha introdotto il vituperato pesce-siluro dalla Bulgaria e dalla Russia nei
nostri fiumi padani, dove attualmente il 70% delle specie ittiche presenti non
sono nostrane?
Ma andando a guardar bene appare chiaro che tutti questi
animali sono anch’essi soltanto delle vittime. E qui le colpe non si contano, a
cominciare da quelle degli Enti pubblici (Province e Regioni) che con i loro
“piani di ripopolamento” ittico e venatorio, insieme ad Associazioni
tragicamente senza cultura e morale ambientale e senza alcuna sorta di criteri
scientifici come la F.I.P.S. (Federazione Italiana Pesca Sportiva), non lavorano
altro che per “accontentare” il loro popolo di pretenziosi “fruitori
dell’ambiente” senza valutare minimamente le conseguenze delle loro scriteriate
azioni.
E poi, ci si mettono anche i legislatori a tirare di
traverso, per i loro interessi elettorali e sommersi, a creare ad arte le leggi
sbagliate. Un esempio eclatante a questo proposito è quello della testuggine
americana, specie invadente e aggressiva che sta facendo scomparire da molti
ambienti umidi dolci la nostra testuggine indigena (Emys orbicularis). Dopo tante battaglie ambientaliste finalmente si
è giunti ad una regolamentazione nazionale che blocca, o almeno così si pensava
o si sperava, l’immissione in natura della Emys
americana. Invece no! La nuova normativa dice, effettivamente, che non si
può più “importare” la specie… ma “ad arte” non dice però che non si può farla
riprodurre in Italia da accoppiamenti locali e poi metterla in vendita, come
prima, nei negozi di animali e presso tutti i rivenditori caccia & pesca e
mangimi. E le mamme la compreranno ancora al bambino che quando s’è stancato di
averla nel vaso in casa, dietro il suggerimento animalista del genitore
“sensibile”, la butta nel primo canale che incontra e siamo da capo! Non v’è
nulla di più difficile da rimediare in un ambiente dell’inquinamento biologico.
Allorchè una specie esotica vi viene immessa, volontariamente o no, o non si
adatta per motivi di ostacolo climatico, fisico-ambientale, alimentare, ecc.,
oppure, senza elementi locali limitanti (predatori, parassiti, concorrenti)
dilaga numericamente senza freno alcuno interferendo pesantemente sulle entità
biotiche indigene, vegetali e animali.
Parallelamente agli animali, anche nelle piante importazioni
detestabili come la robinia americana o l’indaco bastardo hanno cambiato il
paesaggio vegetale di intere aree geografiche europee, come la pianura padana,
facendo crollare quella tanto oggi decantata biodiversità. Ma alla faccia della
CITES e di altre convenzioni internazionali che cercano di arginare l’afflusso
in Europa di specie di altri continenti, mai come adesso, per motivi economici
effimeri e spesso fallimentari o per “soddisfare” il potente popolo dei “caccia
& pesca”, si importano specie da tutto il mondo.
Non molto tempo fa, a Punte Alberete presso Ravenna, nei
miei frequenti vagabondaggi per le zone umide incontrai, come accade spesso,
una nutria adulta ferma e meditabonda sul ciglio di un canale. Al mio cadenzato
passo d’avvicinamento progressivo verso di lei non mostrò di spaventarsi. Anzi,
restò indifferente alla mia presenza fino a poco più di due metri di distanza.
Non fuggì nell’acqua, com’è di norma, neanche quando con la macchina
fotografica le scattai alcuni “primi piani”. Ci osservammo poi intensamente
l’un l’altra, con qualche “sorriso” da parte sua che metteva in mostra
ampiamente i due grossi dentoni superiori di un bel giallo aranciato. Fu quasi
come un silente colloquio. Ma, a dir la verità, io non sapevo cosa dirle…
Sapevo, però, che nei prossimi giorni iniziava un’altra campagna di
disinfestazione dalle nutrie nella zona, con trappole e successive iniezioni
letali. Probabilmente, anche questo grosso esemplare di castorino sudamericano
avrebbe finito malamente i suoi giorni… Ma, a differenza dell’animalista che
considera la pietà anche verso il
singolo esemplare di una qualsivoglia specie, l’ecologo, con una visione ben
più ampia dei problemi ambientali, deve adoperarsi per la sopravvivenza di tutte
le specie e non preoccuparsi dei singoli individui. E mentre cercavo di
consolarmi con tali dissertazioni volevo, o speravo, che questa povera nutria
capisse che l’importanza di un biotopo raro come le Punte, con le sue migliaia
di elementi biotici in meraviglioso equilibrio, vegetali e animali, vale ben
più di una singola specie, alloctona e distruttrice.
Mi allontanai pian piano, continuando il mio giro tra
canneti e specchi di acqua palustre. Lei rimase dignitosamente impassibile.
Provavo uno strano malessere addosso, come l’impressione di sentirmi dire alle
spalle mentre mi allontanavo, come un triste ritornello: io ora pago con la
vita, perché distruggo per fame la vegetazione palustre e perché scavo le mie
profonde tane negli argini, ma chi mi ha portato qui attraverso quel larghissimo
Atlantico?
E.C.
Riceviamo
spesso attestati di simpatia dai soci. Alcuni sono soliti anche “arrotondare” la
quota sociale con una donazione e, purtroppo, non è sempre possibile far
arrivare individualmente il nostro grazie, lo facciamo ora collettivamente.
Con
l’occasione però vorremo rivolgere un
ringraziamento particolare alla Dott.ssa Luciana Cola, vedova del prof.
Freude, nostro socio onorario e ben conosciuto da molti di noi.
Giancarlo Emiliani. De Septaria. Guida alle Septarie e ai loro minerali e Macrofossili.
Aggiornamento 2 (2001-2006). Massa Lombarda (Ravenna)
2006.
Da 16 settembre al 15 ottobre dello scorso anno si è tenuta a Bologna, presso il Museo Geologico “G. Capellini”, una importante mostra dal titolo: “Dentro le Septarie. Ricordando Stenone, Aldrovandi, Leonardo.”. Erano esposti 500 reperti provenienti da tutti il mondo appartenenti anche ad antiche collezioni. Essa ha avuto un tale successo che è stata poi prolungata di un mese. Giancarlo Emiliani, fautore di questa manifestazione, grande esperto e collezionista di septarie, ivi esponeva la parte migliore della sua raccolta. Non è di questo avvenimento però che voglio parlare. Emiliani, nel lontano dicembre 1994, pubblicò un’opera importante: “De Septaria”. Il volume fu offerto a tutti gli iscritti alla nostra Società. Nel 2000 ci fu un aggiornamento ed ora, in occasione della sopraccitata mostra, Emiliani ne ha presentato un secondo. Questo consta di 170 pagine di appunti sui seguenti argomenti:
-
la storia,
-
la diffusione e distribuzione nello spazio e nel tempo;
-
la formazione
-
i minerali e i fossili che si possono trovare inclusi nelle septarie
-
le località di ritrovamento
-
la bibliografia.
Questo ultimo capitolo
annovera oltre 900 nuovi titoli. Non meno importanti sono i riferimenti storici
ad Ulisse Aldrovandi, a Nicola Steno (Stenone) e a Leonardo da Vinci. Il tutto
a dimostrare che Emiliani non è un semplice collezionista, ma un vero ricercatore
a cui sta a cuore l’approfondimento continuo di questa tematica.
L’unico appunto che ci sentiamo di fare
all’autore è l’uscita in fotocopia, ma questo è un piccolo neo che l’importanza
dei contenuti occulta abbondantemente.
Cesare Tabanelli.
BIBLIOROMAGNA
[ (*) nostro socio]
(Vengono omessi i lavori
pubblicati sui nostri Quaderni di Studi
e Notizie di Storia Naturale della Romagna)
APPELLO AI SOCI: La rubrica Biblioromagna si propone di
segnalare tutte le pubblicazioni che in qualche modo riguardino l’ambiente
naturale della nostra Regione. Sappiamo che è una delle pagine più gradite ed
utili del nostro modesto Notiziario; aiutateci a tenerla sempre aggiornata !
I soci ci segnalino la
pubblicazione dei loro lavori, piccoli o grandi, su altre riviste o ci facciano
avere gli estremi di pubblicazioni di cui vengono a conoscenza. LA
COLLABORAZIONE DI TUTTI SARA’ INDUBBIAMENTE UN
VANTAGGIO RECIPROCO !
Botanica
Gubellini L. & Di Massimo S., 2001, La flora della Rocca di Maiolo. I quaderni dell’ambiente, n.7; Assessorato Ambiente Beni e Attività Ambientali – Provincia di Pesaro-Urbino : pp. 144.
Zoologia
Costa M. (*), Piazza L. & Zaffi R., 2007 , Cento uccelli del Parco – Guida all’Avifauna del Parco Delta del Po. Longo Editore, Ravenna: pp. 176.
Lazzari G., 2007 , Cento conchiglie del Parco – Guida alla Malacofauna del Parco Delta del Po. Longo Editore, Ravenna: pp. 120.
Stefano Mazzotti (a cura di), 2007 , HERP-HELP - Status e strategie di conservazione degli Anfibi e dei Rettili del Parco Regionale del Delta del Po. Quaderni della Stazione di Ecologia del Civico Museo di Storia Naturale di Ferrara, n.17.
Palentologia
Onorevoli G. & Farabegoli E., 2007 , Simulazione 2D dell’evoluzione Olocenica della fascia costiera Adriatica romagnola fra Ravenna e Rimini. Rend. Soc. Geol. It., Roma; 4, Nuova serie: 101-109.
Di Bella G. & Scarponi D., 2007 , Molluschi marini del Plio-Pleistocene dell’Emilia-Romagna e della Toscana. Superfamiglia Conoidea. A cura della Regione Emilia-Romagna e del Museo Geologico “Cappellini”, Bologna: pp. 93.
In
questi giorni abbiamo spedito il Quaderno n. 24. La pubblicazione del Quaderno ha
coinciso con l'ultimo periodo di attività della Fotomeccanica Campana, che ha
chiuso. Alcuni problemi nella riproduzione delle fotografie a colori ed una
chiusura affrettata delle bozze hanno lasciato errori di stampa e difetti
grafici di cui ci scusiamo con i Soci.