da "Notiziario della Società per gli Studi Naturalistici della Romagna" 2/2017 n. 57  ottobre 2017 pagg. 8-10

CONTRIBUTI

 

 

Rsposta ad Ettore Contarini

Ancora sui "colleghi della sistematica" chiamati in causa da Ettore Contarini

 

di Fernando Pederzani

 

Prendo spunto dall'articolo di Ettore Contarini (Notiziario n. 56) che invita i "colleghi della sistematica"  a darsi una regolata. Dato che l'Autore auspica un dibattito e il contributo di altri, ho deciso di farmi avanti...ed eccomi qui!

E' vero: c'è un evidente disagio in tutti gli appassionati di scienze naturali per il continuo cambiamento dei nomi di piante e animali. Sia che si tratti di dilettanti di buon livello, cioè scienziati non professionalmente impegnati nella scienza ufficiale, come sono in genere i pochi tassonomi rimasti, sia che si tratti di semplici amatori (come il sottoscritto quando raccoglie funghi e vorrebbe conoscerne il nome), in ogni caso è particolarmente fastidioso avere a che fare con una nomenclatura che cambia in continuazione. Per i "professionisti" non voglio parlare, perchè ufficialmente non possono che essere schierati dalla parte del vento che soffia, che adesso è quello dell'approccio filogenetico alla sistematica, a qualunque costo. 

Per quanto riguarda la nomenclatura zoologica, che mi è più familiare della botanica, lo stesso codice di nomenclatura si propone, anzi si proponeva, principalmente di facilitare la "stabilità e la universalità " dei nomi scientifici. Evidentemente non ci sta riuscendo molto bene.  Giustamente l'articolo di Contarini inizia lodando la stretta che fu data nella seconda metà del secolo scorso al proliferare di nuovi nomi applicati ad entità di livello ben inferiore alla specie, i cosidetti taxa infra-subspecifici. Sembrava che il divieto di attribuire nuovi nomi scientifici a questi taxa potesse far diminuire la confusione. In realtà quello che è stato giustamente fatto uscire dalla porta, un po' alla volta è rientrato dalla finestra. Non si descrivono più varietà o aberrazioni, ma si descrivono tante sottospecie, anzi, per non sbagliarsi si preferisce farne delle buone specie, perchè - come scrive Contarini - quegli animali non lo sanno e non sono in grado di riderci su. A parte gli scherzi, è evidente che c'è tuttora un grande proliferare di nuove specie, la maggior parte delle quali però è fortunatamente dovuta a ricerche serie che fanno progredire la Scienza. Comunque sia, l'insieme dei cosidetti "nomi di gruppo specie" è in continua evoluzione.

Non mi sembra che il concetto di soglia biologica o genetica sia stato superato: semplicemente è di così difficile verifica, che la distinzione delle specie (sto parlando di insetti) rimane nella maggioranza dei casi ancorata ai criteri soggettivi del descrittore: forma, colore, variazioni di scultura e anche le stesse piccole differenze degli organi copulatori: nessuno sa quando e quanto queste differenze rappresentino effettivamente la soglia tra una specie e l'altra: bisognerebbe chiederlo agli interessati, ma come si fa?   Per non parlare delle differenze dei caratteri del DNA che sembra dicano assai poco su specie separatesi da poche decine o centinaia di migliaia di anni.

Pur tuttavia nella definizione delle specie qualcosa di naturale esiste, anche se non sempre la sistematica dell'Uomo coincide con quella della Natura.

Una categoria tassonomica che invece ha ben poco a che fare con la verità naturale è l'insieme dei cosidetti "nomi di gruppo genere", che furono saggiamente introdotti dalla sistematica di Linneo per meglio raggruppare le forme consimili e facilitare l'ordinamento degli esseri viventi, soprattutto in un mondo ancora pre-evoluzionistico. Qui si può affermare senza tema di smentite che nessun genere esiste in natura, ma solo esistono affinità tra specie e specie (ammesso si sappia cos'è una specie), affinità che valgono in maniera maggiore o minore a seconda del criterio adottato dall'osservatore, quindi dipendono dal suo giudizio soggettivo.  Nel tentativo di ridurre l'arbitrarietà delle decisioni tassonomiche soggettive, da quando è stato possibile utilizzare i computer per elaborare matrici di dati (clustering) si è cominciato a costruire dendrogrammi di similarità, meglio detti cladogrammi quando perseguono la ricostruzione filogenetica. All'inizio venivano utilizzati solo caratteri di forma e colore, poi caratteristiche biologiche, stadi pre-immaginali, assetto cromosomico, ecc.,  fino all'esame di alcuni elementi del DNA che da qualche decennio sono diventati fondamentali per l'approccio filogenetico. Solo in questo caso è possibile ottenere - ma non sempre - la ripartizione in taxa di gruppo genere con criteri oggettivi (cioè la posizione nei rami del dendrogramma), ma il taglio da dare a questa scelta rimane pur sempre una decisione arbitraria. Quindi si può affermare che ancora oggi il genere di un taxon è quasi sempre attribuito in maniera soggettiva.

Nella zoologia i taxa di gruppo specie sono in continuo aumento, come si è detto, mentre i taxa validi e accettati di gruppo genere, dopo una certa espansione negli ultimi decenni del '900 (quanti generi nuovi e quanti sottogeneri elevati a genere!) negli ultimi anni sono in netta diminuzione: cioè mentre l'insieme delle specie aumenta continuamente, quello dei generi (validi e accettati) tende a contrarsi per confluenza di più generi e sinonimizzazione dei sottogeneri.   Questa è la ragione per cui tante combinazioni binomiali subiscono cambiamenti: il cambiamento del nome generico è più frequente di quello della specie, eccetto quando il confluire di molte specie in un genere unico evidenzi inaccettabili omonimie che obbligano a creare i detestabili "nomina nova". La classificazione trinomiale o quadrinomiale, cioè genere-sottogenere-specie-sottospecie viene progressivamente abbandonata. E' un peccato, perchè essa sarebbe uno strumento ideale per cogliere le affinità e le differenze, ma purtroppo non è funzionale alla sistematica cladistica (o filogenetica). Noi naturalisti romantici dei vecchi tempi siamo terrorizzati dalla possibilità non remota che la sistematica si basi in futuro sulle coordinate dei taxa all'interno di dendrogrammi, se non addirittura su codice alfanumerico. La contrazione dell'insieme dei taxa di gruppo genere prelude a questa "soluzione finale" che temiamo.  Però dobbiamo farci coraggio perchè forse le cose non andranno così. Come tutti i risultati ottenuti dalla convergenza di calcoli iterativi su matrici, volti alla ricerca della massima similarità, la costruzione dei dendrogrammi è perennemente minacciata dal rinvenimento di forme nuove, con caratteri complessi o intermedi. Può bastare la scoperta di una sola specie "strana" per rivoluzionare completamente la forma di un dendrogramma e quindi tutte le conseguenti deduzioni tassonomiche.

Ma spesso alla base dei cambiamenti di nomi ci stanno solamente le debolezze umane. L'orgoglio di vedere il proprio nome associato a quello di un nuovo taxon, l'eccessivo amor patrio che in alcuni casi ha fatto fare salti mortali pur di valorizzare le opere ed i nomi proposti da un compatriota, il desiderio che venga riconosciuto come valido il nome di un taxon storicamente adottato dai naturalisti del proprio paese, sono stati la causa di molti cambiamenti, per lo più a vantaggio di chi detiene maggior potere nella Commissione di nomenclatura.  Per non parlare del largo margine di arbitrio che viene lasciato a colui che definisce il cosidetto "lectotipo" di una specie o di un genere, lavorando su vecchi materiali dei musei. Poi c'è la volontà, tipicamente nord-europea, di rivedere con pazienza, che non saprei se definire lodevole oppure perniciosa, la grafia originale dei nomi e la effettiva rispondenza del materiale tipico di certe specie al taxon che da tempo immemorabile viene denominato con quel nome. Questi cambiamenti, che il codice di nomenclatura anticamente scoraggiava in nome della stabilità dei nomi, sono ora all'ordine del giorno: quanti nomi di specie si sono ritrovati improvvisamente con una i finale in più o con qualche lettera modificata per il recupero della grafia originale, e quanti nomi di specie in uso continuativo dalla prima metà del XIX° secolo sono stati "scoperti" come relativi ad una specie diversa da quello che si era sempre creduto, e sostituiti, solamente perchè da un'antica scatola entomologica di supposto materiale tipico è venuto fuori qualcosa che non corrisponde al sensus Auctorum della specie!

Le ultime versioni del codice di nomenclatura hanno effettivamente dato la stura ad una miriade di cambiamenti. La legge fondamentale della "priorità" dei nomi non è più uno strumento per garantire la stabilità e l'universalità della nomenclatura, ma è diventata essa stessa un fine, anche a danno delle suddette stabilità e universalità. Tante altre osservazioni si potrebbero fare, ma sarebbe noioso e per me difficile parlarne.

Così, ad integrazione di quanto ha scritto l'amico Ettore Contarini, ho voluto anch'io concedermi un piccolo "sfogo" e ringrazio quanti hanno avuto la pazienza di leggermi. Sperando di fare cosa grata, suggerisco due pubblicazioni: la prima spiega in modo comprensibile come si può costruire un dendrogramma, la seconda espone una serie di concetti (e di problematiche) della sistematica evoluzionistica. In ogni caso l'internet può essere di aiuto.

 

Mountford, M.D., 1962, An index of similarity and its application to classificatory problems, pp. 43-50.
In: Progress in Soil Zoology. P. W. Murphy (ed.), Butterworth, London,  398 pp.

Page R.D.M. & Holmes E.C., 1998 (reprint 2004), Molecular Evolution. A Phylogenetic Approach. Blackwell Science Ltd., Padstow, Cornwall, UK, 346 pp.